Il Gip del Tribunale di Palermo ha disposto una misura cautelare per sei persone alle quali vengono contestati, a vario titolo, diversi episodi di vendita e cessione di droga a clienti della ‘Palermo bene’. Tra gli indagati c’è Mario Di Ferro, gestore del ristorante Villa Zito, accusato nel provvedimento di aver procurato e ceduto cocaina.
L’INDAGINE
L’inchiesta è coordinata dal procuratore del capoluogo Maurizio de Lucia e dall’aggiunto Paolo Guido. Il procedimento scaturisce da un’intercettazione disposta nell’ambito di un’altra indagine. Da qui la necessità degli investigatori di avviare gli approfondimenti che hanno poi rivelato che il ristoratore era protagonista di una intensa attività di vendita di cocaina a una selezionata clientela, attività che svolgeva nel suo locale divenuto un luogo di spaccio. Si è arrivati così ad accertare diversi episodi di cessione di droga che l’indagato avrebbe realizzato con l’apporto di altre persone come Gioacchino e Salvatore Salamone, già condannati per spaccio in un processo sui traffici dei clan mafiosi palermitani. Di Ferro si sarebbe rivolto a loro per rifornirsi dello stupefacente e avrebbe anche usato tre suoi dipendenti come pusher. Sia i Salamone che i dipendenti sono indagati. Numerose e in doppia cifra le compravendite di dosi di cocaina addebitate allo chef e agli altri cinque indagati, quasi tutte nei confronti di una clientela altolocata. Massimo riserbo dalla Procura di Palermo e dallo stesso procuratore capo Maurizio De Lucia.
I PROVVEDIMENTI
Il Gip ha convalidato le richieste della Procura di Palermo e ha disposto la reclusione in carcere di Gioacchino e Salvatore Salamone, già noti alle Forze dell’ordine, e gli arresti domiciliari per Mario Di Ferro, lo chef di Villa Zito già fermato dalle Forze dell’ordine a inizio aprile in flagranza di reato mentre cedeva sostanze stupefacenti sotto casa a un dipendente dell’Ars. Obbligo di firma, invece, per tre dipendenti del ristorante sito in via Libertà. Numerose e in doppia cifra le compravendite di dosi di cocaina addebitate allo chef e agli altri cinque indagati, quasi tutte nei confronti di una clientela altolocata.
PRESUNTI CLIENTI ECCELLENTI
Tra i clienti, secondo quanto riferito da Organi di Stampa, ci sarebbe anche l’ex presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, Gianfranco Micciché, che non risulta comunque indagato, il quale ha commentato alla stampa “Con tutta serenità mi sento molto tranquillo. Escludo in maniera categorica che io mi muova in macchina con lampeggiante acceso. È un errore che ho fatto nella vita di cui sono pentito. Considero molto più importante nella mia vita di essere stato onesto, non avere mai fatto male a nessuno, non avere mai rubato un centesimo. Poi ognuno di noi qualche errore nella vita lo ha fatto. L’importante è essere a posto con la propria coscienza, ed io lo sono”.
NOTA
È bene sottolineare che, secondo il consolidato principio della presunzione di innocenza vigente nel nostro ordinamento, la colpevolezza delle persone sottoposte ad indagine in relazione alla vicenda in esame sarà definitivamente accertata solo allorquando interverrà nei loro confronti una sentenza irrevocabile di condanna.
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