Furto di un mezzo ed estorsione a tre presunti appartenenti alla cosca Santangelo che prese di mira un imprenditore edile che stava eseguendo lavori a Centuripe
I Carabinieri dei comandi provinciali di Catania e Catania, nell’ambito di una attività indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura Distrettuale di Caltanissetta, hanno eseguito un decreto di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Procura nei confronti di Salvatore Crimi, adranita di 30 anni, ritenuto responsabile di estorsione aggravata e continuata in concorso, con l’aggravante di avere agito con metodo “mafioso” per agevolare la cosca Santangelo di Adrano, legata alla famiglia mafiosa catanese Santapaola.
L’indagine, nata nel mese di dicembre 2016 e condotta dai Carabinieri della Compagnia di Nicosia, ha consentito di accertare che un imprenditore edile della provincia di Catania, che operava nel territorio del comune di Centuripe, aveva ricevuto intimidazioni e pressioni affinché mettesse a disposizione del clan i propri mezzi edili, con la minaccia che qualora non avesse acconsentito avrebbe ricevuto gravi ritorsioni durante i lavori svolti a Centuripe.
Il fermo di Crimi rappresenta l’epilogo dell’indagine, poiché il 5 gennaio scorso i Carabinieri di Nicosia, dopo una serie di pedinamenti e servizi di osservazione, avevano già arrestato, in flagranza di reato, il 29enne Antonino D’Agate e il 39enne Giuseppe Verzì, ritenuti gli esecutori materiali dell’estorsione, incaricati da Crimi di prelevare i mezzi dell’impresa.
I due vennero bloccati, dopo un pedinamento, nei pressi della zona commerciale di Misterbianco, mentre si trovavano alla guida di un camion sottratto poco prima all’imprenditore.
In quella circostanza gli arresti furono convalidati dalla Procura della Repubblica di Catania che trasmise successivamente gli atti per competenza a quella di Enna non essendo ancora chiara la matrice mafiosa del reato.
Crimi è stato rinchiuso nel carcere di Catania Bicocca, mentre D’Agate e Verzì, ricevuto un ordine di custodia cautelare del Gip di Enna, dopo il pronunciamento del Tribunale del Riesame di Caltanissetta, intervenuto prima della contestazione dell’aggravante della matrice mafiosa del reato, sono stati sottoposti al regime degli arresti domiciliari.