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Home » Biancavilla » Biancavilla. Operazione antimafia “Città blindata”: arrestato anche l’ex sindaco Marcello Merlo

Biancavilla. Operazione antimafia “Città blindata”: arrestato anche l’ex sindaco Marcello Merlo

redazione Di redazione
12 Febbraio 2019
in Biancavilla, Cronaca
Tempo di lettura:5 mins read
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L’operazione odierna, denominata “Città blindata”, costituisce l’esito di tre distinte attività investigative, poi confluite in un’unica richiesta cautelare

Operazione antimafia alle prime ore del giorno a Biancavilla, denominata in codice “Città blindata”, contro il clan “Tomasello-Mazzaglia-Toscano”. Carabinieri e Polizia hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale di Catania su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 16 persone, ritenute appartenenti alla cosca, diretta oggi dalle famiglie Amoroso e Monforte e legata alla “famiglia” catanese di cosa nostra “Santapaola-Ercolano”. Le accuse, a vario titolo, sono di associazione per delinquere di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico e allo spaccio di sostanze stupefacenti, porto e detenzione illegale di armi.  Fra gli arrestati anche l’ex sindaco di Biancavilla, all’inizio degli anni ’90, Marcello Merlo, e il fratello Massimo, quest’ultimo già detenuto.

I NOMI DEGLI ARRESTATI: Giuseppe Amoroso (49 anni); Vito Amoroso (52 anni); Giovanni Carciotto (35 anni); Tino Caruso (41 anni); Gregorio Gangi (30 anni); Alberto Gravagna (34 anni); Roberto Licari (32 anni); Andrea Monforte (27 anni); Alfio Ambrogio Monforte (50 anni); Alfio Muscia (41 anni); Vincenzo Panebianco (29 anni); Riccardo Pelleriti (24 anni); Placido Ricceri (33 anni); Carmelo Vercoco (46 anni); Massimo Merlo (47 anni); Marcello Merlo (59 anni).

 

Amoroso Giuseppe
Amoroso Vito
Carciotto Giovanni
Caruso Tino
Gangi Gregorio
Gravagna Alberto
Licari Roberto
Merlo Marcello
Merlo Massimo
Monforte Alfio Ambrogio
Monforte Andrea
Muscia Alfio
Panebianco Vincenzo S.
Pelleriti Riccardo
Ricceri Placido
Vercoco Carmelo

L’operazione scaturisce da tre diverse indagini confluite in un’unica richiesta cautelare, condotte dai Carabinieri (Nucleo Investigativo di Catania e Compagnia di Paternò) e dalla Polizia di Stato (Squadra Mobile della Questura di Catania e Commissariato di Adrano) mirate a fronteggiare un’escalation di violenza a Biancavilla, causata dalla smania di comando e predominio territoriale del clan mafioso capeggiato dai fratelli Amoroso e, da ultimo, da Alfio Ambrogio Monforte. L’attività investigativa ha avuto inizio a seguito di due omicidi verificatisi in rapida successione temporale a Biancavilla.
Il primo è avvenuto il 13 gennaio 2014. A cadere sotto i colpi dei killer il pregiudicato Agatino Bivona. Il secondo appena due giorni dopo: crivellato di piombo il giovanissimo Nicola Gioco, detto “u Picciriddu”, raggiunto dai sicari mentre era a bordo della sua auto.

Le indagini sui due omicidi si sono anche indirizzate a ricostruire la mappa dei nuovi assetti criminali esistenti a Biancavilla. Dalle indagini è emerso che Giuseppe Amoroso, detto “l’avvocato”, non appena ha ottenuto gli arresti domiciliari, il 24 marzo 2014, presso l’abitazione dei genitori, ha iniziato a ricevere continuamente la visita dei fedelissimi Giovanni Carciotto e Gregorio Gangi, ai quali impartiva, man mano, disposizioni che gli hanno consentito da una parte di consolidare gli assetti della nuova formazione criminale e dall’altra di pianificare le strategie tese a sancire il definitivo predominio del suo gruppo. E per affermare il proprio ruolo egemone a Biancavilla, ha allacciato rapporti anche con personaggi di rilievo di altre organizzazioni criminali operanti nei comuni limitrofi nei settori che riguardavano il traffico di sostanze stupefacenti e la vendita di armi.

Il 22 luglio 2014, anche Vito Amoroso, fratello di Giuseppe, veniva scarcerato e sottoposto agli arresti domiciliari presso l’abitazione di Biancavilla. I servizi di intercettazione ambientale e telefonica attivati nei suoi confronti hanno consentito di accertare che lo stesso aveva affiancato il fratello Giuseppe nella reggenza del clan, tanto che, quotidianamente, riceveva la visita di molti affiliati che si premuravano di aggiornarlo sugli sviluppi della situazione criminale. Il rientro a Biancavilla di Vito Amoroso ha preoccupato non poco gli appartenenti alla famiglia “Maglia”, anche loro affiliati della storica “famiglia” mafiosa “Tomasello-Toscano-Mazzaglia”, i quali, per questo motivo,  avevano deciso di ucciderlo, non riuscendo grazie al tempestivo intervento degli agenti del Commissariato di Adrano che il 6 ottobre 2014 fermavano il gruppo di fuoco prima che portasse a termine l’omicidio.

Un momento della conferenza stampa in Procura

Nel corso di questa prima fase delle indagini, che si protraevano sino al 2015, emergevano precisi elementi di responsabilità per associazione di tipo mafioso a carico dei fratelli Vito e Giuseppe Amoroso, e di ulteriori affiliati. Inoltre, a riscontro dell’attività investigativa svolta, il 23 aprile 2015, venivano sequestrati nel corso di uno specifico servizio anche cento grammi di cocaina, nonché numerose munizioni di fucile calibro 12 e di pistola calibro 7.65 Browning che erano custodite in una casa di campagna sita in contrada Sant’Antonino di Biancavilla, nella disponibilità del clan malavitoso degli Amoroso.
Nel 2016, le indagini sono state condotte dai Carabinieri della Compagnia di Paternò ed hanno preso l’avvio dal tentato omicidio di Giuseppe Amoroso, verificatosi a Biancavilla il 10 gennaio 2016. Nel corso dell’attività investigativa i militari, monitorando Amoroso e i fedelissimi Gregorio Gangi, Roberto Licari, Vincenzo Panebianco e Riccardo Pelleriti, il 9 giugno 2016 riuscivano a rinvenire un vero e proprio arsenale composto da una mitraglietta calibro 7,65, una pistola marca “Glock”, quattro pistole a tamburo di vario calibro, un gran numero di munizioni, tutte armi occultate in un appezzamento di terreno incolto sito in contrada Don Assenzio nel territorio biancavillese.

Il 19 settembre 2016 il reggente del clan, Giuseppe Amoroso, e il fedelissimo Gregorio Gangi, venivano arrestati in flagranza di reato per estorsione aggravata dal metodo mafioso ai danni del titolare del Bar “Le Carillon”. Il 5 dicembre 2016 a Biancavilla, i militari del Nucleo Operativo della Compagnia Carabinieri di Paternò, nell’ambito dell’operazione convenzionalmente denominata “Onda D’urto”, arrestavano 12 persone, parte delle quali appartenenti al clan mafioso di Biancavilla, per il delitto di estorsione pluriaggravata anche dal metodo mafioso ai danni dei titolari di una locale ditta di pompe funebri. L’attività estorsiva era iniziata nel 2012, ma si era progressivamente aggravata con ulteriori e sempre più intollerabili vessazioni e continue richieste di somme di denaro. Il 7 aprile 2017, sempre a Biancavilla, militari della locale Stazione, nell’ambito dell’operazione convenzionalmente denominata “Reset”, eseguivano un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal Gip del Tribunale etneo su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di 6 persone, ritenute responsabili, a vario titolo, di estorsione tentata e consumata,con l’aggravante delle modalità mafiose.

A queste indagini se ne aggiunge un’altra, eseguita sino alla prima metà del 2017, della Squadra Mobile di Catania e del Commissariato di Polizia di Adrano, su delega della Procura Distrettuale, grazie alla quale venivano acquisiti nuovi elementi di prova a carico di vari indagati per di associazione di tipo mafioso, e si riusciva a provare l’appartenenza al clan mafioso anche dei fratelli Massimo Merlo e Marcello Merlo.
L’indagine “Città blindata” evidenzia ancora una volta la vicinanza della Procura di Catania, dell’Arma dei Carabinieri e della Polizia di Stato alla cittadinanza di Biancavilla e sottolinea altresì la serrata attività investigativa finalizzata a infrangere il muro d’omertà ancora presente nella provincia catanese.

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Tags: antimafiablitzcarabiniericittà blindataclancosca. Tomasello-Mazzaglia-ToscanomafiaoperazionePoliziaprocura
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