Ad interpretare la parte della protagonista, la licodiese Giulia Granata
Una storia che è entrata fin dentro le ossa generando nel cuore degli spettatori, allo stesso tempo, rabbia e tenerezza, quella magistralmente ricostruita dal programma “Amore Criminale” andata in onda su Rai 3 nella serata di ieri . Una vicenda nota a tanti nel nostro hinterland, la morte della 19enne biancavillese Valentina Salamone che ha caratterizzato le cronache dell’ultimo decennio di due comuni ai piedi dell’Etna: Biancavilla e Adrano. Un amore sbagliato, un forte invaghimento di una ragazza, come tanti a quell’età, nei confronti di un uomo più grande, quello della giovane Valentina nei confronti dell’allora 32enne adranita Nicola Mancuso – sposato con figli – che rappresenterà la sua condanna a morte.

Una storia ben ricostruita, quella della puntata di Rai 3 (rivedila cliccando sul video a fianco), nella quale ad interpretare la parte della biancavillese è stata la ventenne Giulia Granata di Santa Maria di Licodia che ha ben saputo trasmettere sin dalle prime scene, forti, cruente, inaccettabili, di una ragazza appesa ad una corda per il collo, tutta la drammaticità di quel rapporto sfociato in tragedia. Insieme a lei anche un’altra licodiese, Aurora Mammino di 19 anni, che ha interpretato la parte della migliore amica di Valentina. Un mix di festini, droga, alcol, rapporti controversi tra adulti e ragazze giovani – una anche minorenne all’epoca dei fatti – sfociati in un caso giudiziario dalla rapida soluzione, archiviato dalla procura etnea come suicidio ma i cui elementi della scena del crimine gridavano a tutti che di suicidio non poteva trattarsi.
Solo la caparbietà di una famiglia che non volle credere al suicidio, dove le indagini e i rilievi sommari compiuti nella villetta di Adrano puzzavano di superficialità sin dai primi momenti, portò alla riapertura del caso e alla condanna all’ergastolo in primo grado – nel mese di giugno 2019 – dell’adranita Nicola Mancuso. Nessun medico legale, infatti, intervenne sulla scena del crimine ma solamente una pediatra biancavillese in turno presso la locale guardia medica si portò sul posto contattata per l’accertamento della morte. Nemmeno il Pubblico Ministero di turno quella mattina si recò sul luogo della tragedia. La Procura Generale, che ha poi avocato le indagini a sé dopo la riapertura del caso – su richiesta dell’avvocato della famiglia Dario Pastore – secondo quanto riportato nella trasmissione ha infatti ritenuto che Mancuso ha ucciso Valentina perchè “era diventata ingombrante e ossessiva, per la famiglia di Mancuso e per gli ambienti mafiosi con il quale era coinvolto”.
Una puntata che ha ricostruito le ultime ore di vita di Valentina, attraverso uno straziante lungometraggio, inframmezzato dai commenti della conduttrice Veronica Pivetti e dalle ricostruzioni commosse dei familiari della giovane biancavillese. Ad illustrare i dettagli giudiziari della vicenda, le versioni contrapposte dell’avvocato della famiglia Dario Pastore e dei legali della difesa Rosario Pennisi e Salvatore Burzillà. Prova regina le scarpe di Valentina indossate il giorno della sua morte, che qualcuno aveva consigliato di bruciare insieme agli altri abiti, perché portavano male. In particolare, gli inquirenti dei Ris ed il medico legale hanno incentrato le indagini su una goccia di sangue che sulle scarpe seguiva un andamento antigravitazionale, la presenza di Dna riconducibile a Mancuso e ad Ignoto 1 e l’impossibilità per una ragazza della statura di Valentina di realizzare un nodo all’altezza della trave dove la corda è stata legata. A destare sospetto anche le diverse ecchimosi e ferite sul corpo della giovane biancavillese che non erano compatibili con un suicidio.
Secondo la ricostruzione giudiziaria, infatti, la ragazza sarebbe stata strangolata orizzontalmente – e non verticalmente come avviene in una normale impiccagione, da due persone che la tiravano una dal collo e una dai piedi. Versione differente, invece, quella sostenuta dalla difesa che mostra dubbi sia sulla nodo della corda, sia sul Dna di Mancuso. Una storia, quella di Valentina, che a distanza di anni e nonostante una condanna in primo grado del suo omicida, lascia certamente l’amaro in bocca in chi a Valentina voleva bene. Una vicenda che non trova giustificazione e che fa assistere oggi anche ad un assordante silenzio e ad un’inspiegabile indifferenza da parte di tanti amici che quella sera vissero le ultime ore di vita di Valentina. In tanti, in troppi, sembrerebbero aver dimenticato quel tragico evento di 10 anni fa, come se quelle efferate violenze perpetrate su una ragazza – che ha avuto la sola sfortuna di amare un uomo sbagliato – fossero da dimenticare per sempre.