Con la motivazione di effettuare una “operazione antiterroristica” le forze dell’Azerbaigian hanno aperto il fuoco martedì contro le postazioni armene nella regione del Nagorno-Karabakh*, in quella che è stata definita un'”operazione antiterrorismo”. Secondo fonti locali almeno due civili sono stati uccisi e 11 feriti in quello che è stato sostanzialmente un teatro di guerra. Il ministero della Difesa azero ha annunciato l’inizio dell’operazione poche ore dopo la morte di quattro soldati e due civili dopo un attacco con armi leggere e l’esplosione di due mine. Da parte azera non ci sono stati ulteriori argomenti, anche se il ministero ha dichiarato che le posizioni di prima linea e i mezzi militari delle forze armate armene sono stati “messi fuori uso con armi di alta precisione” e che sono stati attaccati solo obiettivi militari. Il governo separatista del Nagorno-Karabakh filo-armeno sostiene invece che la capitale della regione, Stepanakert, e altri centri urbani circostanti sono stati “oggetto di intensi bombardamenti”. L’Azerbaigian ha annunciato il varo di quelle che ha definito “misure antiterrorismo locali” e ha chiesto il ritiro delle truppe armene dal Nagorno-Karabakh dopo aver denunciato che sei dei suoi cittadini sono stati uccisi dalle mine terrestri in due diversi episodi e incolpato “gruppi armati armeni illegali”. L’Armenia, a sua volta, ha detto che non ci sono sue forze nella regione, definendo ciò che sta accadendo “un atto di aggressione su larga scala”. Ha assicurato inoltre di non avere personale militare in Karabakh e che le sue priorità sono puramente umanitarie. Gran parte del Karabakh è controllato dalle autorità di etnia armena non riconosciute dal governo azero. Ieri sono scoppiati scontri fra manifestanti e forze dell’ordine a Erevan, capitale dell’Armenia. Secondo quanto riportato da Ria Novosti i manifestanti avrebbero tentato di prendere d’assalto il palazzo del governo per protestare contro il primo ministro Nicol Pashinian per “non aver fatto nulla” nel contesto delle ostilità nel Nagorno-Karabakh da parte dell’Azerbaigian. La Russia ha chiesto di cessare immediatamente spargimenti di sangue, porre fine alle ostilità e alle vittime civili nella contesa regione del Nagorno Karabakh dove martedì l’Azerbaigian ha lanciato un’offensiva militare e ha chiesto la resa dell’Armenia. Stando a esperti di geopolitica, negli ultimi anni c’è stato un avvicinamento dell’Azerbaigian alla Russia e viceversa dell’Armenia all’Unione Europea, sicché con il conflitto in corso in Ucraina questo scontro, seppure limitato e al momento al solo Nagorno-Karabakh, rischia di innescare scenari di scontri allargati nell’area caucasica. In termini di sicurezza internazionale la ripresa degli scontri è ritenuta destabilizzante in Georgia, destabilizzante proprio accanto all’Iran, e destabilizzante proprio accanto al Caucaso settentrionale russo.
* Nel 1988, con la dichiarazione d’indipendenza della regione, scoppiò la guerra del Nagorno-Karabakh che durò fino al 1994, quando i diversi stati belligeranti firmarono l’Accordo di Biškek. L’accordo impose un cessate il fuoco, senza portare ad una risoluzione effettiva della controversia, lasciando la regione sotto il controllo armeno. Nei decenni successivi ci furono diverse violazioni dell’accordo di Biškek lungo il confine tra l’Armenia e l’Azerbaigian: in particolare la guerra dei quattro giorni del 2016 e gli scontri del luglio 2020. Nell’ottobre 2020 riprese il conflitto armato tra le forze azere e quelle armene nel Nagorno Karabakh, abitata da una maggioranza armena, ma riconosciuta internazionalmente come parte dell’Azerbaigian, però sotto il controllo della repubblica dell’Artsakh**. In risposta agli attacchi, l’autoproclamata Repubblica dell’Artsakh e l’Armenia introdussero la legge marziale e la mobilitazione generale, mentre l’Azerbaigian solamente la legge marziale e il coprifuoco. Dopo quarantaquattro giorni di aspri combattimenti, la sera del 9 novembre i rappresentanti dell’Armenia e dell’Azerbaigian, tramite la mediazione della Russia, firmarono un cessate il fuoco per consentire lo scambio di prigionieri e quello dei caduti. L’Azerbaigian consolida la propria posizione nei territori riconquistati e ottiene alcune zone dell’Artsakh. L’accordo prevede la presenza militare russa nella regione per cinque anni, più ulteriori cinque se nessuna delle parti comunicherà sei mesi prima della scadenza la propria contrarietà.[210] L’Armenia, sostanzialmente perdente nel conflitto, fu obbligata a ritirare le truppe da alcune regioni del Nagorno Karabakh.
** La Repubblica dell’Artsakh è di fatto uno Stato a riconoscimento limitato, autoproclamatosi indipendente dall’Azerbaigian e riconosciuto solo da tre stati non appartenenti all’ONU. Situato nel Caucaso meridionale, nella regione del Nagorno Karabakh (detto anche “Alto Karabakh” o “Karabakh Montuoso”), confina a ovest con l’Armenia, a sud con l’Iran, a nord e ad est con l’Azerbaigian. Gli attuali confini territoriali sono stati determinati al termine del conflitto scoppiato nel gennaio del 1992, dopo l’avvenuta proclamazione di indipendenza e corrispondono, grosso modo, a quelli dell’antica regione armena di Artsakh. E mentre alcune porzioni del territorio (parte della regione di Shahoumyan e i bordi orientali delle regioni di Martouni e Martakert) sono sotto controllo azero pur essendo rivendicate dagli armeni come parte integrante del loro Stato, la lingua ufficiale e l’armeno.
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