16Domenica 17 aprile il popolo italiano è chiamato alle urne sulla questione trivelle. Seggi aperti dalle 7.00 alle 23.00
Il referendum è lo strumento di democrazia diretta attraverso il quale il popolo italiano è chiamato ad esprimere tramite il voto il proprio consenso o dissenso circa una questione specifica. Il 17 aprile 2016 gli italiani sono chiamati a partecipare al “referendum sulle trivelle”. Ma qual è l’oggetto di questo referendum? La normativa vigente riguardo l’estrazione di idrocarburi fossili al largo delle coste italiane prevede che le attività possano proseguire fino all’esaurimento del giacimento, senza alcuna scadenza. Il referendum del 17 aprile propone “l’abrogazione della norma che concede di protrarre le concessioni per estrarre idrocarburi entro 12 miglia dalla costa italiana fino alla vita utile del giacimento”. Molto semplicemente, votando “si” sarà abrogato l’articolo 6 comma 17 del codice dell’ambiente, dunque lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi e di gas naturale cesserà progressivamente secondo la scadenza fissata originariamente al momento del rilascio delle concessioni; votando “no” l’estrazione proseguirà fino all’esaurimento del giacimento.
Quali sono le ragioni del “si” e quelle del “no”?
Le ragioni del “si”: lo schieramento del “si” è rappresentato dal Comitato nazionale “Vota si per fermare le trivelle” a cui hanno aderito oltre 160 associazioni. Ad essere chiamati in causa la questione ambientale e i rischi idrogeologici: secondo i sostenitori del “si” le trivellazioni comportano effetti negativi sull’ecosistema terra-mare, sulla tutela della biodiversità e della pesca nonché sulla sicurezza del territorio. Continuare con lo sfruttamento di energie fossili in Italia non sarebbe solo rischioso, ma anche inutile.
Le piattaforme soggette a referendum coprono meno dell’1% del fabbisogno nazionale di petrolio e il 3% di quello di gas. Secondo le stime di Legambiente, se le riserve marine di petrolio venissero usate per coprire l’intero fabbisogno nazionale, durerebbero meno di due mesi. Continuare a trivellare i mari non ridurrebbe la dipendenza energetica dell’Italia dall’estero, tanto più che il petrolio estratto in Italia non appartiene alla nazione ma alle compagnie petrolifere che, tenute a versare alle casse dello Stato solo il 7% del valore del petrolio e il 10% di quello del gas, esportano e vendono altrove gli idrocarburi estratti. Per il Comitato “Vota si per fermare le trivelle”, votare “si” al referendum del 17 aprile significa dare un forte segnale al governo sulla volontà di smettere di sfruttare ancora i combustibili fossili e di incentivare l’investimento nelle fonti di energia rinnovabili.
Le ragioni del “no”: lo schieramento del “no”, invece, è rappresentato dal Comitato “Ottimisti e razionali” guidato da Gianfranco Borghini. Secondo questo schieramento la vittoria del “no” tutelerebbe gli investimenti nel settore petrolifero e il mantenimento di migliaia di posti di lavoro. Si sostiene che l’uso esclusivo delle energie rinnovabili non sarebbe possibile, essendo la loro affidabilità limitata. Senza i combustibili fossili non potremmo programmare liberamente i nostri consumi, poiché non siamo capaci di prevedere le produzioni di energia elettrica prodotta dal fotovoltaico, dall’eolico o dalle centrali idroelettriche.
Viene ribadita la sicurezza delle modalità di estrazione del gas e come le attività estrattive non danneggino in alcun modo l’ecosistema terra-mare o il turismo. I sostenitori del “no” criticano, inoltre, l’aspetto politico del referendum. Più che essere un mezzo con cui le Regioni chiedono maggiori sforzi nelle energie rinnovabili, il referendum sarebbe lo strumento per far pressione sul governo in seguito all’approvazione di riforme che hanno tolto loro molte autonomie e competenze, anche in materia energetica.
Quando si vota: per votare è necessario recarsi presso il proprio seggio di appartenenza dalle 7.00 alle 23.00 di domenica 17 aprile, muniti di documento d’identità e tessera elettorale. Perché la proposta referendaria sia approvata occorre che vada a votare almeno il 50% più uno degli aventi diritto al voto e che la maggioranza dei votanti si esprima in maniera compatta.