Oggi all’Ars si discute il ritorno al voto per le Province. Ci siamo occupati in precedenza di tale argomento e seppure più volte il disegno di legge è passato dalla Commissione Affari istituzionali, poi da questa ha ricevuto il consenso. Anche a livello nazionale ci sarebbe una favorevole disponibilità. La recente approvazione in Senato a fine gennaio del disegno di legge governativo per l’Autonomia differenziata rappresenta implicitamente un indirizzo agevolativo per quello delle province all’Ars. Di seguito il ministro degli Affari Regionali, Roberto Calderoli, si era dichiarato favorevole all’approvazione della riforma siciliana sulle Province seppure ancora a Roma è in vigore la legge che ne vieta il ripristino, ciò indirettamente garantirebbe la Regione Siciliana dal subire un’impugnativa.
All’Ars il ddl sul ritorno al voto per le Province
Intanto il Pd siciliano nel fine settimana, attraverso il proprio capogruppo, ha ribadito come in precedenza quando il ddl era in Commissione, la propria disponibilità a discutere nel merito la riforma tanto più se viene meno l’impugnativa del Governo nazionale per incostituzionalità. In Fratelli d’Italia invece, il capogruppo all’Ars Giorgio Assenza, avrebbe paventato un timore di impugnativa da parte del Governo Meloni. Di massima all’Ars, tranne i grillini, tutti i partiti apparirebbero favorevoli al ritorno delle Province. Tuttavia il voto dovrebbe essere segreto, pertanto tutto può accadere, tanto più dopo il rigetto da parte dell’Aula della sanatoria voluta da fratelli d’Italia per l’ineleggibilità di alcuni deputati tra cui tre dei suoi, nonché per il parallelo interesse che c’è anche per altri ddl, quali la Riforma dei Consorzi di bonifica e la Riforma urbanistica con la quale si vorrebbe indirettamente approvare la sanatoria per le costruzioni sulla costa.
All’Ars il ddl sul ritorno al voto per le Province
Intanto pare si discute nel frattempo tra i banchi di Sala d’Ercole (l’aula dell’Ars) di candidati e della copertura finanziaria e quindi i compensi e gettoni di presenza che avranno i vari presidenti, assessori e consiglieri delle eventuali approvate Province. Si tenga presente che un anno addietro partendo da una norma nazionale, a cascata si sono aumentati tutte le remunerazioni e i gettoni degli amministratori degli Enti locali, persino nelle circoscrizioni delle città che ormai si definiscono anche Municipi di quartiere, tanto che qualche sindaco di capoluogo di provincia arriva a prendere circa 14 mila euro lordi al mese. Peraltro non è ancora chiaro se rimarranno anche le città metropolitane parallelamente alle Province (diverrebbe per i cittadini e specialmente per i contribuenti-noti, l’ennesimo ginepraio ed esborso pubblico-politico).