Nella notte del 14 dicembre del 2018, alla periferia sud-est di Palermo, al civico 138 di via Falsomiele, una madre 45enne e due figli uccisero con parecchie coltellate il capofamiglia, il quarantacinquenne Pietro F. mentre dormiva. La donna dopo la mezzanotte aveva chiamato il 118 autodenunciandosi di avere colpito con diverse coltellate il marito mentre dormiva accanto a lei dopo che aveva preteso un rapporto sessuale. All’arrivo anche della Squadra mobile i figli di 21 e 20 anni sono risultati che avevano ancora i coltelli in tasca sporchi di sangue.
IL MOVENTE
Venne fuori dai racconti della moglie e dei due figli maggiorenni agli investigatori – in casa c’erano altri due minorenni ma che quella notte erano andati a dormire in altra abitazione dalla nonna – che l’uomo, ex militare in pensione, Pietro F. gestiva un bar nel quartiere di Ballarò in piazza del Carmine insieme ai due figli più grandi e che sarebbe stato un violento con la famiglia, picchiava la moglie e maltrattava i figli. Il delitto sarebbe maturato nell’ambito di maltrattamenti, violenze e soprusi che per 20 anni la vittima avrebbe commesso nei confronti della moglie e anche dei figli. Secondo la ricostruzione del delitto, la donna, esasperata dall’ennesimo episodio di violenza subita, prese un coltello da cucina e colpì il marito. L’uomo si difese e cercò a sua volta di colpire la moglie. Ne seguì una violenta colluttazione interrotta dall’arrivo dei figli Mario e Vittorio che, per difendere la madre, colpirono ripetutamente il padre con dei piccoli coltelli.
LE SENTENZE DI CONDANNA
A febbraio 2020, durante il rito abbreviato, il Gup del Tribunale di Palermo, aveva condannato a 14 anni di reclusione ciascuno, Salvatrice S. 47 anni, detta Ilenia, e i figli Vittorio e Mario, di 23 e 22 anni perché imputati dell’omicidio del padre. Dalla perizia emerse che l’uomo fu assassinato con 57 coltellate al culmine dell’ennesima lite con la moglie a seguito di cui intervennero anche i figli maggiorenni. In appello, la Corte d’Assise il 17 giugno del 2021 aveva poi deciso di ridurre ulteriormente le pene a 9 anni e 4 mesi. Sentenza diventata definitiva.
LA DECISIONE DI SCARCERAZIONE
Il tribunale di Sorveglianza ha adesso accolto la richiesta degli avvocati, Giovanni Castronovo e Maria La Verde, che assistono la donna e i figli, sicché la donna dopo un periodo trascorso in carcere, aveva ottenuto gli arresti domiciliari col braccialetto elettronico e anche il permesso di svolgere attività di volontariato, come addetta alle pulizie in un convento. Adesso, il collegio giudicante ha concesso l’affidamento in prova, assieme ad un percorso di sostegno psicologico e proseguendo l’attività di volontariato. Per i figli si è pronunciato il collegio che ha fatto considerazioni simili. La pena per i tre finirà nel 2027, ma se osserveranno le prescrizioni, potranno finire di scontarla fuori dal carcere e, dunque, con una prospettiva completamente diversa di vita, volta – come prevede la Costituzione – al loro reinserimento sociale.
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