Il quotidiano la ‘Gazzetta del Sud’ di Messina riportava ieri una notizia qui brevemente riassunta: un like messo da un ispettore ambientale di un’associazione di volontariato ad un post della Minoranza di denuncia sui rifiuti abbandonati sul territorio del Comune di Sant’Alessio Siculo, paesino balneare-turistico sulla costa ionica messinese vicino Taormina, ha innescato l’irritazione del sindaco Domenico Aliberti al punto che in un incontro pubblico “ha chiesto spiegazioni all’ispettore, evidenziando la contraddizione tra il compito di controllo assegnatogli e quel “mi piace” sull’immondizia gettata in giro. Quasi un “processo” nel quale, al di là delle differenze di vedute sugli aspetti operativi, sono stati sollevati sospetti di legami tra il volontario e l’opposizione, sorti alla luce di una dettagliata interrogazione presentata all’Amministrazione sull’attività dei volontari. Secondo il sindaco si è trattato solo di «un incontro per cercare di ricomporre gli attriti tra l’ispettore e il comandante della Polizia locale, ma non vi è stato alcun allontanamento o sospensione dell’ispettore», che però ha preferito non prestare più servizio in paese per le divergenze di opinioni sul modus operandi”. L’ispettore ambientale di fatto ha lasciato.
L’OPINIONE
Si ritiene che delle Istituzioni dovrebbero accertare i fatti, poiché solo chi non vuole o non deve capire, non comprende il dirompente messaggio culturale-politico di questa vicenda (siamo in Sicilia), anche deleterio per le nuove generazioni dei luoghi. Un Organo superiore dovrebbe fare chiarezza con una nota di conclusione. Quanto accaduto appare infatti emblematico di certa generalizzata cultura arrogante, antidemocratica e omertosa, per usare degli eufemismi, che da diverso tempo si è istaurata in Italia e specialmente in Sicilia e in particolare nei nostri Comuni. Ciò accade anche perché non ci sono notoriamente, guarda caso, più controlli da parte degli Organi amministrativi e Istituzioni preposti, pure in quanto, di tutta evidenza, le leggi sono state, risaputamente negli anni piegate agli interessi personali, partitici, familisti, corporativi, economici, professionali e di categoria. Gli Enti locali, le città o i consorzi metropolitani (a breve forse ritorneranno province) e le Regioni sono, a detta di tutti, divenuti come dei ‘Feudi’ della maggioranza politica di turno e rispettive pletore di certi “seguiti” della variegata rappresentatività sociale. Ma soprattutto, il cittadino non ha mai contato così niente come in questa ipocrita democrazia italiana e specialmente siciliana degli ultimi decenni. Se ci fosse ancora un minimo di dignità etica negli scranni Alti del sistema pubblico-politico italiano e siciliano, si dovrebbe in generale fermare questo treno-Italia e Sicilia, prima che ci finisca come il famoso film ‘Cassandra Crossing’: molti cittadini giù ne dirupo in fondo al fiume (‘LORO’ scenderanno prima). Però anche i concittadini negli ultimi tempi sembriamo come assuefatti, inebetiti e dediti unicamente a panem et circenses. Sperare non in un cambiamento non guasta mai, ma forse non c’è neanche molto da illudersi, stante che l’annoso decadimento pubblico-politico è ormai in modo lampante troppo esteso e ha palesemente infettato anche la società. Fino a che dura.
L’ORIENTAMENTO GIURISPRUDENZIALE (e parliamo di azienda privata)
Secondo la sentenza CEDU ricorso n. 35786/19 emessa dalla Corte Europea dei diritti dell’Uomo, il licenziamento di un dipendente per il solo fatto di avere messo like su un post su Facebook è una violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Stando a tale pronuncia – che esplica effetti anche all’interno del nostro Stato – non è possibile giudicare grave, a priori, il “mi piace” sul post contenente dure critiche nei confronti del datore di lavoro. Bisogna valutare una serie di circostanze come: la popolarità del profilo Facebook (e quindi il numero di persone che ha letto il commento e ha potuto così vedere il like); l’argomento affrontato nel post, se di interesse generale o meno; le mansioni svolte dal lavoratore che ha messo il like, se cioè apicale o comunque in grado di influenzare altri dipendenti o meno. Tutti questi elementi, se di scarso impatto, possono portare a ritenere che il like su un post su Facebook non è causa di licenziamento. Al contrario, laddove i tre indici appena elencati dovessero condurre a una valutazione di gravità della condotta, il licenziamento sarebbe legittimo.
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Un like , simo fuori di testa invece di preoccuparci di problemi seri , dove c’è in ballo la dignità umana si pensa a vedere i like nei post che l pensano diversamente . Quanto siamo arrivati in basso . E comunque l’ opinione personale non va mai perseguitata altrimenti si chiama non repubblica ma dittatura .