Nella patologia d’amore la chiave dei maltrattamenti: un partner è problematico, violento, infedele; l’altro devoto, sottomesso, annullato
Perché le donne vittime di violenza non lasciano i loro carnefici? Perché subiscono botte, abusi e maltrattamenti di ogni tipo? Perché sopportano per anni e anni invece di andarsene di casa? Perché non denunciano subito le violenze che subiscono? La domanda tipica che viene rivolta dagli avvocati degli imputati alle donne vittime di violenza è “signora, ma perché lei non ha denunciato prima suo marito? Perché si è determinata a denunciarlo solo dopo vent’anni?”. Perché? Semplice! Perché: “Io speravo che cambiasse! Perché io speravo che il mio amore lo avrebbe aiutato! Perché, poverino, sua madre era fredda e anaffettiva e suo padre era un violento! Perché lui in fondo è buono, sono io che a volte lo faccio innervosire!”
In verità il perché è uno e solo uno: dipendenza affettiva.
La dipendenza affettiva è una forma patologica di “amore”, in cui uno dei due partner è problematico, sfuggente, violento, assente, trascurante, infedele e l’altro partner (normalmente la donna) è totalmente devota al compagno, sottomessa, spinta da un “amore” sbagliato, un “amore” a senso unico, un “amore” che porta a sopportare umiliazioni, violenze, infedeltà, maltrattamenti, un “amore” che porta a perdonare ogni cosa e ad accettare ogni cosa, fino a farsi annullare, fino a diventare uno zerbino disposto a farsi calpestare pur di vedere ricambiato il proprio “amore”.
La tragedia sta nel fatto che la dipendente affettiva inconsciamente cerca un compagno che abbia proprio quelle caratteristiche che la porteranno a soffrire. E questo perché? Perché la dipendente affettiva riproduce dinamiche che conosce bene perché sono le dinamiche che vive sin da quando era bambina. Infatti, la dipendenza affettiva trova il proprio fondamento nel rapporto con i genitori. La donna dipendente affettiva è stata una bambina che ha ricevuto continui messaggi da parte dei propri genitori di non meritare amore, di non meritare attenzioni, di non meritare cure, forse perché troppo impegnati o perché distratti, o perché inseriti in una dinamica familiare sbagliata, caratterizzata da violenza, da assenza, da disinteresse per la crescita emotiva dei figli o più semplicemente da totale inconsapevolezza.
A sua volta, l’uomo che sceglie di stare con una dipendente affettiva è un uomo che ha bisogno di essere accudito e amato in modo assoluto per ricreare una relazione del tipo madre-figlio, perché forse quella relazione gli è mancata e tale mancanza lo ha fatto crescere con un enorme vuoto che da adulto non è capace di riempire, a volte neanche di riconoscere.
Io non sono una psicologa e quindi mi fermo solo a questi brevi accenni ma ciò che mi posso permettere di dire è che l’amore è gioia, non dipendenza, l’amore è autonomia, non dipendenza, l’amore è libertà fisica e mentale, non dipendenza.
Il sogno della dipendente affettiva è cambiare il proprio partner per sentirsi finalmente degna di amore, degna di quell’amore che insegue da una vita! La dipendente affettiva diventa la crocerossina del proprio partner ed è ossessionata dall’idea di cambiarlo, di guarirlo, di farlo redimere.
Se un uomo è violento, assente, trascurante, ripetutamente infedele, bugiardo, maltrattante, non cambia. Mettiamoci in testa che non cambia. Neanche se lo amerete con una valanga di amore cambierà. Nessuno di noi è la cura per nessuno. Nessuno di noi può pensare di cambiare un’altra persona.
C’è un libro del quale consiglio a tutti la lettura e che è veramente illuminante: “Donne che amano troppo” di Robin Norwood.
Tra le pagine di questo libro, si legge: “Quando essere innamorate significa soffrire, stiamo amando troppo. Quando nella maggior parte delle nostre conversazioni con le amiche intime parliamo di lui, dei suoi problemi, di quello che pensa, dei suoi sentimenti, stiamo amando troppo. Quando giustifichiamo i suoi malumori, il suo cattivo carattere, la sua indifferenza o li consideriamo conseguenze di una infanzia infelice e cerchiamo di diventare la sua terapista, stiamo amando troppo. Quando non ci piacciono il suo carattere, il suo modo di pensare e il suo comportamento, ma ci adattiamo pensando che se noi saremo abbastanza attraenti e affettuose lui vorrà cambiare per amor nostro, stiamo amando troppo. Quando la relazione con lui mette a repentaglio il nostro benessere emotivo e forse anche la nostra salute e la nostra sicurezza, stiamo decisamente amando troppo. A dispetto di tutta la sofferenza e l’insoddisfazione che comporta, amare troppo è una esperienza tanto comune per molte donne che quasi siamo convinte che una relazione intima debba essere fatta così”.
Se dovete amare troppo qualcuno, amate voi stesse e non consentite a nessuno di schiacciarvi.