
Venerdì 15 luglio, presso “Casa aranatu”, si parlerà della mafia catanese con il procuratore Sebastiano Ardita, autore del libro “Catania bene”
A pochi giorni dal 24° anniversario della strage di via D’Amelio, quel 19 luglio 1992 in cui la mafia uccise il giudice Paolo Borsellino e cinque agenti della scorta, l’associazione “Antimafia e Legalità” organizza la presentazione del libro del procuratore Sebastiano Ardita “Catania bene”, che si svolgerà venerdì 15 luglio alle ore 19:30 presso il giardino “Casa aranatu” di via Vittorio Emanuele III n. 207 a Belpasso. Ad intervistare l’autore il giornalista Luciano Mirone.
In “Catania bene. Storia di un modello mafioso che è diventato dominante” il procuratore Ardita, basandosi sulle esperienze maturate nel corso della sua lunga carriera da magistrato, ricostruisce la storia della mafia del capoluogo etneo, meno conosciuta di quella palermitana, ma ugualmente insidiosa e capace di stragi. Un viaggio nella Catania degli anni Ottanta, in cui il boss Nitto Santapaola ricorre alla fitta trama delle relazioni occulte che coinvolge politici, notabili, imprenditori, i quali trovano in lui il “migliore alleato” per cogestire l’ordine e gli affari.
Quella di venerdì 15 luglio sarà l’occasione per parlare della Catania di ieri e la Catania di oggi, della mafia “politica”, della mafia eversiva che commette le stragi di Capaci e di via D’Amelio, dei servizi segreti deviati e della Trattativa Stato-mafia, avvalendosi dell’esperienza di chi per anni si è occupato di criminalità organizzata di tipo mafioso, di inchieste per reati contro la pubblica amministrazione e di infiltrazioni mafiose nei pubblici appalti. L’autore Sebastiano Ardita ricopre attualmente il ruolo di procuratore aggiunto della Procura della Repubblica di Messina, ma è stato anche componente della Direzione Distrettuale Antimafia, consulente a tempo pieno della Commissione Parlamentare Antimafia e direttore generale della direzione detenuti e trattamento nel Ministero della Giustizia.
«La mafia di oggi – scrive Ardita – parla la lingua della famiglia dei catanesi. La sua interpretazione della leadership di Cosa nostra, fatta di relazioni istituzionali, di azioni sottotraccia, di investimenti, non è affatto espressione di una linea morbida. Si tratta – seguita Ardita – di un modello pericolosissimo di governo criminale che sa essere spietato, ma anche politico e strategico e quindi duraturo».