Oggetto del provvedimento lo storico “Etna bar” ed altre attività commerciali
Beni per cinque milioni di euro sono stati sequestrati a Catania, nei giorni scorsi, dalla Squadra Mobile, Divisione Polizia anticrimine della Questura, su provvedimento del Tribunale di Catania, Sezione Misure di Prevenzione, a soggetti collegati con alcuni clan mafiosi della città. Il primo provvedimento ha riguardato il pregiudicato Luciano Salanitro, (49 anni), il cui collegamento alla cosca mafiosa Santapaola Ercolano ha condotto i poliziotti ad ottenere dal tribunale un decreto di sequestro e confisca di beni mobili registrati e immobili, di un’impresa individuale e di denaro contante. Il decreto di sequestro e confisca, ha confermato un precedente provvedimento di sequestro emesso nel luglio del 2015 e disposto ex novo il sequestro e la confisca di ulteriori due beni immobili, che erano già stati individuati nell’originaria proposta della Questura, avvalorando i risultati delle indagini patrimoniali condotte dallo staff investigativo della Divisione anticrimine. Il valore del patrimonio sequestrato e confiscato raggiunge i 2 milioni di euro.
Eclatante il sequestro dello storico Etna Bar di San Giovanni Galermo, quartiere a nord del capologo. Data esecuzione anche ad altri provvedimenti, sempre emessi dal Tribunale, che hanno interessato beni immobili, mobili registrati, società ed imprese, nonché il sequestro di conti e depositi bancari e postali intestati o riconducibili al pluripregiudicato, e in atto detenuto, Cosimo Tudisco, 42 anni, esponente del clan Cappello. In questo caso, è stata sequestrata, ai fini della futura confisca, la società World Games s.r.l. (della quale risulta titolare quale socio unico il pregiudicato A. P.), insieme all’annessa rivendita di tabacchi con sede in via Galermo 338: un’attività commerciale ricomprendente una pizzeria, un bar e una ludoteca, pubblicizzata dall’insegna Etna Bar. Sequestrato anche il 50% delle quote del capitale sociale della s.r.l. World df Cars Group, con sede a Catania. In esecuzione dei medesimi decreti sono stati posti a sequestro diversi rapporti bancari e postali intestati a Tudisco, ai suoi familiari conviventi e a terzi interessati.
La leva che gli investigatori hanno utilizzato per scardinare il piccolo impero economico del pregiudicato è stata l’evidenza della sproporzione intercorrente tra i redditi dallo stesso e dal suo nucleo familiare formalmente dichiarati e i beni realmente acquisiti nel tempo; le indagini, inoltre, hanno evidenziato come in capo a Tudisco sussisteva la disponibilità diretta o indiretta di beni immobili, società e aziende, frutto di investimenti e articolate operazioni finanziarie di dubbia liceità.
D’altronde, Cosimo Tudisco, sin dalla minore età stato coinvolto in numerosi e gravi episodi delittuosi, ha raggiunto l’apice della sua escalation criminale nell’ultimo decennio quando, peraltro, è stata accertata in giudizio la sua partecipazione esterna all’associazione mafiosa “Cappello” e, nonostante si trovasse detenuto in carcere, è riuscito a gestire le attività economiche a lui riconducibili attraverso la sua convivente, Rosaria Lanzafame, che gli faceva regolarmente visita in carcere per i colloqui accordatigli. In questo caso, il valore dei beni strappati dalle mani della malavita supera i 3 milioni di euro.
Lo strumento che ha consentito agli investigatori di “mettere le mani nel portafogli” di alcuni rappresentanti di cosa nostra è la legge n. 159 del 6 settembre 2011: un dettato normativo che rappresenta il nuovo Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione e che ha permesso al Questore Marcello Cardona di proporre al Tribunale di Catania – Sezione Misure di Prevenzione una serie di provvedimenti di sequestro e di confisca di beni e capitali frutto dell’investimento d’illeciti proventi.