I dati del Rapporto italiani nel mondo 2023 della Fondazione Migrantes, il diciottesimo, fotografa il cammino degli emigranti italiani, tra storia e attualità. In 18 anni gli italiani nel mondo sono raddoppiati: da poco più di 3 milioni a poco meno di 6 milioni. A partire sono soprattutto i giovani tra i 28 e i 34 anni. Sono i giovani che non lavorano e non studiano, lavoratori precari, disoccupati, giovani donne e 1 su 4 laureati e ricercatori. L’emigrazione fotografa in questa nazione il disagio giovanile, una nuova generazione di poveri. A partire sono sempre più anche le donne per ritrovare in un altro Paese pari opportunità è più tutele nella maternità. L’unica Italia che cresce è solo quella all’estero. Anche sul piano demografico. Lo ha detto ieri mons. Gian Carlo Perego, presidente della Fondazione Migrantes, a conclusione dei lavori di presentazione del Rapporto Italiani nel Mondo. 91 mila sono i bambini italiani nati all’estero: oltre il 20% rispetto ai poco meno di 400.000 nati in Italia, di cui 57 mila neonati figli di immigrati.
Una fotografia che fa dire al nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, in un messaggio, che la fuga dei cervelli è «una patologia» alla quale «porre rimedio», da cui l’invito alla classe politica a «individuare percorsi per garantire il ritorno in Italia».
L’OPINIONE
Ogni anno si ripetono sostanzialmente i medesimi variegati dati, in peggioramento, nonché direttamente o implicitamente le nefaste conseguenze per molti cittadini e ciò indipendentemente dai colori politici di turno.
IL MALE ITALIANO:
miriade di leggi preordinate, affastellate, confuse, la cui esplicitazione è a sua volta anche da interpretare, propugnate da decennali (strapagati) magniloquenti, incuranti, accidiosi e triti governi e parlamenti, nazionali e regionali, di centrodestra o centrosinistra (sostenute e validate elettoralmente dalle irreggimentate pletore, specialmente del sistema pubblico sempre in crescendo, mantenute attraverso l’estorsione fiscale e il debito pubblico).
Norme che hanno, da un lato tenuto (al guinzaglio) la Nazione (e specialmente la Sicilia) in uno stato di bisogno generale, sotto sviluppo e di difficile serena: occupazione privata, attività imprenditoriale o proprietà perasonali (da qui anche l’annoso elevato numero emigrato di giovani, donne ma anche adulti, poiché non tutti possono essere dipendenti pubblici che da quel momento sono sicuri, stipendiati e, diciamolo, potendo anche non rendere senza addirittura timore di forzose sanzioni o licenziamenti) e, per un altro verso, hanno invalidato nel tempo, con premeditate modifiche legislative, qualsiasi legittima, snella e non costosa, civile reazione efficace dal basso da parte dei cittadini che non vorrebbero assoggettarsi al conclamato, compiacente, spartitorio, prepotente, arrogante, sprezzante, omertoso e mercenario (quanto altrettanto dissimulato o edulcorato soprattutto da velati parolieri, pensatori e divulgatori allineati) sistematico sistema politico-istituzionale-burocratico-giuridico-professionale-sociale italiano (e siciliano), ormai di tutta evidenza (tranne per chi non può o non vuole vedere) costituzionalizzatosi in una “sacra” e innominabile smisurata “piramide”, dalla base dei blocchi comunali fino ai puntali di Stato.
A questo si sommi che gli ulteriori bacini elettorali di cittadini-servi felici, godenti del clientelismo e voto di scambio sociale, garantiscono ancora più il consenso, così rinsaldando ad ogni elezione gli analoghi trasversali poteri nazionali e regionali, i quali, da sempre si rivelano, pressoché unicamente, dei mercanti elettorali, remunerativi e carrieristici per se e la propria cerchia, la cui merce di scambio sono il numero di concittadini che gestiscono. Se si aggiungono anche i politici divaganti specialmente degli ultimi anni, il generale decadimento non può che gradualmente degenerare.
La ragionevolezza, l’etica, la deontologia, il buon senso e inoltre il tanto decantato raggiungimento di fini e interessi comuni, in questa Nazione rimangono in modo lampante quanto ormai assuefatto, solo sulla carta e nei discorsi di fine anno o delle passerelle oppure convegni. Come se ne esce ?
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