I social si spaccano tra chi vuole silenzio per le vie cittadine e chi non vuole perdere il “sapore d’un tempo”
Fischietto si, fischietto no. È questo il dilemma che sta impazzando in questi torridi giorni di luglio sulle principali pagine dei social network di Santa Maria di Licodia, scatenando anche non poca ilarità. Sono stati alcuni cittadini licodiesi, negli scorsi giorni, a sollevare la questione attraverso dei post pubblicati su Facebook che pongono l’accento sulla liceità o meno della presenza dei venditori ambulanti che disturbano la tranquillità attraverso strumenti di amplificazione della voce o tramite fischietti. “Volevo chiedere a tutti i cittadini, di Santa Maria di licodia” si legge in un post poi ricondiviso in maniera virale da diversi utenti “se trovate corretto e decoroso, per il nostro paese, che alle 07:00 si dia inizio al fischio Continuo e assordante, che annuncia: granita, gelato, pane, frutta ecc ecc per tutta la giornata. Se è corretto, lasciate un vostro commento???”
“Ma vi rendete conto che state facendo un film per un fischietto?” scrive un altro cittadino. “Io veramente rimango sbigottito da tanta cattiveria! Criticare un venditore che paga regolarmente delle tasse per prestare un servizio a noi cittadini!” Una questione, dicevamo, che ha spaccato l’opinione pubblica del web tra coloro che ritengono obsoleti questi metodi di marketing – nonché dannosi per la pacifica e civile convivenza – e coloro, invece, che difendono a spada tratta l’amato gelataio che con il suo fischietto fa correre i più piccoli in strada per acquistare una buona granita al mattino o un buon gelato nelle ore pomeridiane. Una questione, quella sollevata, che è giustamente regolamentata a Santa Maria di Licodia da una ordinanza del sindaco, del 2013, attraverso la quale viene “fatto divieto assoluto di pubblicizzare o bandizzare la vendita ambulante di prodotti vari con sistemi di amplificazione della voce attraverso qualsiasi strumento tecnico (microfoni, registratori e quant’altro)”. Che in quel “quant’altro” rientri anche il fischietto, non sta a noi dirlo, ma eventualmente alle autorità competenti accertarlo.
Una cosa è certa. Purtroppo, forse, in nome della civiltà – che comunque oggi non è un elemento così dilagante nella società in cui viviamo, per motivi anche più gravi del fischietto del gelataio – abbiamo perso il sapore d’un tempo. Sapore che aveva il gusto del buon venditore di patate, che con la sua tre ruote carica di tuberi passava per le vie del paese gridando tutto l’anno “haiu patati novi!” e affermando che erano meglio della carne. O dei diversi venditori di verdura che bandendo i propri prodotti, con parole incomprensibili, attiravano per strada i nostri nonni. Tutti loro, rigorosamente, senza alcun “sistema di amplificazione della voce”, perché come dei personaggi mitologici degni dei migliori versi omerici, per uno strano scherzo della natura, avevano un megafono al posto delle corde vocali.
Oggi abbiamo sacrificato questi “sapori”, come tanti altri, a favore di una presunta civiltà che tale, forse, non è. Il centro commerciale è ormai diventato l’habitat naturale dell’ “homo sapiens 3.0”, dove il caos di una galleria affollata è poco conto in confronto ad un fischietto del gelataio. Chissà, magari un giorno riusciremo a riassaporare quanto di bello c’era in quel “carretto” che “passava e quell’uomo gridava “gelati!” dei “Giardini di marzo” di Lucio Battisti oppure, forse, ancora una volta, rimpiangeremo a distanza di anni un tempo che non tornerà mai più, nel nome di una civiltà senza sapore e senza colore.