All’età di 87 anni è morto Vincenzo Agostino. Per 35 anni l’uomo si è battuto per ottenere verità e giustizia per la morte del figlio Nino, l’agente di polizia assassinato dalla mafia l’8 agosto del 1989, assieme alla moglie incinta Ida Castelluccio. Agostino era conosciuto per il suo impegno e per la lunga barba bianca, legata a una promessa fatta alla morte del figlio: l’avrebbe tagliata solo dopo aver ottenuto la verità sul duplice omicidio e sul depistaggio delle indagini. Sua moglie, Augusta Schiera, era morta nel 2019, ma Vincenzo Agostino ha continuato senza sosta la sua battaglia fino all’ultimo.
Conobbi nel 2017 Vincenzo Agostino e la moglie Augusta Schiera (morta nel febbraio del 2019), durante un evento, in cui raccontarono la drammatica vicissitudine dell’uccisione, sotto i loro occhi, in quel 5 agosto del 1989 a Villagrazia di Carini, del figlio poliziotto Nino, insieme alla giovane nuora Ida Castellucci incinta di cinque mesi. Ricordo ancora oggi, quasi con un brivido, che tra il pubblico calò un silenzio tombale, tanto erano struggenti le loro parole. All’epoca in un articolo scrissi queste parole «I fatti esposti erano così dolorosamente reali da inchiodare chiunque ascoltasse. Un tema del loro tragico racconto si potrebbe titolare “Le mele marce dello Stato”».
IL DRAMMA DI QUEI GIORNI DI MAFIA:
Il 5 agosto 1989 Antonino Agostino, agente di Polizia alla Questura di Palermo, era a Villagrazia di Carini con la moglie Ida Castelluccio, sposata appena un mese prima ed incinta di due mesi. La sorella Flora festeggiava i 18 anni e così Antonino andò insieme alla moglie al villino dei genitori sul lungomare Colombo a Villagrazia di Carini. Era l’occasione per Ida di comunicare alla sua amica Flora di aspettare un bambino. Le due erano legatissime; grazie a lei nel 1986 aveva conosciuto Antonino. Verso le 19:40, prima di andarsene, i due giovani coniugi andarono dal vicino per fargli vedere l’album di nozze. Improvvisamente arrivò una motocicletta con due persone; iniziarono a sparare: Antonino fece in tempo ad aprire il cancello e fare scudo alla moglie. Colpito da vari proiettili morì all’istante. Ida urlò che stavano uccidendo il marito e da terra li affrontò “vi conosco”. Uno dei due le sparò al cuore. I genitori di Agostino, uditi gli spari, andarono a soccorrere il figlio e la nuora: Antonino era morto, Ida si trascinava verso il corpo del marito. La madre di Agostino, insieme ad un vicino, la portarono in auto all’ospedale cittadino (distante pochi chilometri). Ida morì pochi minuti dopo il ricovero. Il corpo del giovane poliziotto fu coperto dalla madre quando tornò dall’ospedale. Quel giorno, Agostino non portava armi addosso.
Addio a Vincenzo Agostino, si è battuto per la verità sull’uccisione del figlio poliziotto
La notte della morte di Antonino Agostino e della moglie, alcuni ignoti riuscirono ad entrare nell’abitazione dei coniugi defunti e fecero sparire degli appunti che riguardavano delle importanti indagini che stava conducendo Agostino. Antonino Agostino stava indagando sul fallito attentato dell’Addaura: Il 21 giugno 1989 alcuni agenti di scorta trovarono su una spiaggia dell’Addaura un borsone contenente cinquantotto candelotti di tritolo. In quella stessa spiaggia si trovava la villa di Giovanni Falcone, obiettivo del fallito attentato. Sicuramente. Agostino aveva forse scoperto qualcosa di importante su quel borsone-bomba dell’Addaura e per questo sarebbe stato eliminato ?
Di quella vicenda, mi rimase impresso un fatto, eloquente quanto “culturalmente” risaputo e frequente, specialmente in Sicilia: La squadra mobile di Palermo seguì inutilmente per molti mesi un’improbabile “pista passionale”.
Addio a Vincenzo Agostino, si è battuto per la verità sull’uccisione del figlio poliziotto
Vincenzo Agostino ha sempre chiamato in causa un uomo, soprannominato “faccia da mostro”. Ebbe modo di incontrarlo nel 2016 all’aula bunker del carcere palermitano per un incidente probatorio inerente il delitto del figlio: per riconoscere se era quello l’uomo che qualche giorno prima dell’omicidio del 5 agosto venne a casa sua: “Cercava Nino – aveva sempre raccontato Agostino – era insieme ad un altro giovane. Mi dissero che erano colleghi. Uno aveva la faccia butterata, soprattutto sul lato destro. Una faccia da mostro”. Di un uomo con la faccia deturpata hanno parlato anche alcuni collaboratori di giustizia. Si chiamava Giovanni Pantaleone Aiello, è stato un poliziotto italiano, detto faccia da mostro, per via del viso sfigurato. È morto nel 2017 portandosi i segreti di fatti che più Procure gli avevano contestato ritenendolo una figura oscura che si muoveva nelle stragi di mafia tra la fine degli anni ’80 e i primi anni ’90.
L’anno passato, dopo 34 anni, la Corte D’Assise d’Appello di Palermo ha confermato la condanna all’ergastolo del boss Antonino Madonia, accusato del duplice omicidio. I giudici, in parziale riforma del primo verdetto, emesso in abbreviato il 19 marzo 2021, hanno escluso la circostanza aggravante della premeditazione nell’assassinio di Ida Castelluccio moglie (incinta del poliziotto Antonino Agostino). Dopo una lunga indagine a carico di Madonia, del boss Gaetano Scotto e di Francesco Paolo Rizzuto, un amico della vittima, entrambi giudicati separatamente, la Procura di Palermo aveva chiesto l’archiviazione ritenendo che non ci fossero elementi idonei ad andare a processo. L’inchiesta è stata avocata dalla Procura generale che è giunta a conclusioni differenti e ha chiesto il rinvio a giudizio dei tre imputati.
La sensazione quasi asfissiante, come per altri fatti di mafia, è che la verità, soprattutto sui mandanti, non si saprà mai. Vincenzo Agostino, il padre coraggioso, è deceduto senza avere alcune risposte che ha cercato per tutta la vita: le mele marce.