CHI ERA MONTANTE (sintetico)
Montante Antonello era un paladino dell’antiracket. Nel 2008 come presidente di Confindustria a Caltanissetta, venne nominato Cavaliere del Lavoro, dichiarando “C’è una mafia raffinata, silente, più pericolosa perché vuole che determinate cose non si verifichino e che blocca l’economia”. Poi è stato vicepresidente vicario di Confindustria Sicilia con l’incarico di delegato nazionale per i rapporti con le istituzioni preposte al controllo del territorio. Nel 2012 venne eletto all’unanimità presidente di Sicindustria. Fu sua la proposta del rating antimafia per le imprese, un codice antimafia che avrebbe dovuto regolare il comportamento delle aziende, prevedendo l’obbligo di denuncia e la sanzione dell’espulsione. Insomma il suo era un impegno coraggioso sul piano personale e istituzionale contro la piaga della corruzione in Sicilia. Ma come annosamente spesso in Italia e soprattutto in Sicilia, quello era il convenevole ‘teatrino’ pubblico-ufficiale-sociale per i cittadini nonché per l’informazione annessa o connessa alla politica e istituzioni, mentre la vera realtà era dietro le quinte. A gennaio del 2008 un primo avviso di garanzia per reato di concorso esterno in associazione mafiosa. Venivano ipotizzati legami d’affari e rapporti di amicizia con Vincenzo Arnone, boss di Serradifalco, figlio di Paolino Arnone, storico padrino della provincia di Caltanissetta morto suicida in carcere nel 1992. Vincenzo Arnone è stato testimone di nozze di Montante. Ci sono le dichiarazioni di Salvatore Dario DI Francesco, un pentito che ha raccontato come il boss Arnone avrebbe fatto di tutto affinché Montante venisse eletto Presidente di Sicindustria. Poi altre accuse, quali presunti favori, regali costosi e assunzioni, fatte ad alcuni ali rappresentanti delle Forze dell’ordine in cambio della loro fedeltà. In sostanza li avrebbe corrotti e usati. Nella sua villa a Serradifalco, a seguito di una perquisizione nel 2016, si scopre una stanza segreta dove erano tenuti dossier su magistrati, politici, esponenti della società civile. Si svela che Montante avrebbe creato una vera e propria centrale occulta di potere e trasversale intrecci. Montante non è stato arrestato.
LE MOTIVAZIONIDEI GIUDICI (alcune)
Montante Antonello era stato condannato insieme ad altri nel luglio 2022 dalla Corte di Appello di Caltanissetta a 8 anni per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e accesso abusivo al sistema informatico a cui aveva avuto “ripetutamente accesso” alle “banche dati dello Sdi” (il sistema di indagini delle Forze dell’ordine). La Corte nel 2022, ha pure condannato a 5 anni il capo della security di Confindustria Diego Di Simone e a 3 anni e 3 mesi il sostituto commissario Marco De Angelis. Ieri sono state depositate le motivazioni. “Montante aveva attivato la sua rete di complici che gli consentivano di accedere alle banche dati della polizia per ottenere informazioni”, scrivono i giudici della Corte d’appello nelle motivazioni “Il primo appartenente a questa rete era Diego De Simone Perricone, già appartenente alla Polizia di Stato, assunto dalla ‘Aedificatio Spa’ su segnalazione di Montante, società che svolgeva servizi di sicurezza in favore di Confindustria nazionale. Di Simone Perricone “che non poteva più accedere alla banca dati si serviva di Marco De Angelis, in servizio alla Squadra Mobile di Palermo”. Secondo i Giudici “molti dei dati rinvenuti nella stanza segreta dell’abitazione di Montante provenivano da questa attività di accesso illecito”. Gli accessi “venivano effettuati da Salvatore Graceffa, vicesovrintendente della Polizia di Stato, alle quali le richieste pervenivano da De Angelis”. Montante si legge ancora nella sentenza “raccoglieva informazioni e le custodiva riservandosene l’uso”. Continuano i Giudici di Appello “ciò era noto nella sua cerchia e tra le persone a lui vicine, l’uso che ne avrebbe potuto fare era chiaro”. E ancora scrivono i Giudici “plurime fonti riferiscono che egli si vantava di avere a disposizione dossier, pronti all’uso”. Specificano i Giudici, in questo senso conservava “i messaggi scambiati con numerose personalità istituzionali, giornalisti, influenti professionisti ed operatori economici. La finalità di queste dettagliate e certosine annotazioni doveva considerarsi di tipo ricattatorio”. Scrive ancora la Corte “Emerge la predilezione per l’uso di utenze fisse dei rispettivi uffici per sottrarre le comunicazioni a possibili intercettazioni”. Montante “annotava messaggi, telefonate e curricula. Faceva delle cartelle separate con delle sigle a seconda che la segnalazione circa la persona da assumere, promuovere o comunque valutare per possibili desiderati impieghi fosse pervenuta per telefono o con un messaggio”. Inoltre “era riuscito ad assumere una posizione di potere in Confindustria, grazie al suo prospettato impegno antimafia, dissimulando la sua pregressa vicinanza alle cosche locali, accusando invece di tali connivenze coloro che avevano già dei ruoli nelle organizzazioni imprenditoriali o nelle società partecipate dalla Regione siciliana”. Concludono i Giudici, Il Montante “peraltro, nel suo interrogatorio, ha cercato di ridimensionare le sue indubbie abilità politico-relazionali, sostenendo di essere stato indotto ad assumere il ruolo che gli veniva riconosciuto dalle autorità”.
BREVE NOTA PERSONALE E UN’EMPIRICA SOGGETTIVA CONSIDERAZIONE
Il passo delle motivazioni che in ultimo ho segnato in neretto, mi ha richiamato il motivo per il quale negli anni ho seguito (allora per un’altra testata) con più attenzione questa vicenda, in quanto, come scrivevo tempo addietro, il caso mi ha fatto scoprire dei tratti, a me sconosciuti, che erano stati precedentemente presenti in una mia situazione definita all’epoca da qualche Giudice di “matrice mafiosa” ma che la restante parte di Magistratura, incomprensibilmente, non ha visto e, evidentemente, neanche sentito da un audio. Nel 1995 all’uscita di un’udienza, l’avvocato di Catania (oggi purtroppo scomparso) e professore di Diritto, mi disse che non aveva nella sua lunga carriera visto tanti testimoni politici e pubblici funzionari. Il sistema di commistioni all’italiana e specialmente alla siciliana, che non è la mafia criminale, bensì parallelo, c’era già, si rinnova e si rigenera con altre spoglie e prestanome, dagli scranni più alti fino all’ultimo strapuntino e rispettive orde di opportunisti.
Non s’immagini pertanto (ovviamente chi può ancora e voglia ‘immaginare’) che con l’indagine su Montante il “sistema” si sia estinto. Semplicemente, come da sempre in questa “commistionata” Nazione e specialmente Isola, continua con altri e altro e, di tutta evidenza, meglio di prima, stante che negli ultimi anni in “molti” hanno capito che con le parlamentari correzioni e legali interpretazioni di norme o anche rimozioni, si può costituzionalizzare anche ciò che prima non lo era (per assurdo teoricamente anche la mafia). Come d’altronde lo è divenuta, in modo risaputo se non anche lampante, la corruzione, concussione, connivenza, commistione, spartizione, omertà, con assenza di controlli, sanzioni e provvedimenti certi, seri ed efficaci nel variegato sistema pubblico-politico.
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