Nell’aula magna del Consorzio Universitario di Ragusa, ex Distretto militare, si è svolto ieri un seminario dal titolo “Il divario infrastrutturale tra il nord e il sud d’Italia, motivazione e strategie d’intervento”, promosso dal corso di laurea in Management delle Imprese per l’Economia Sostenibile (MIES) del Dipartimento di Economia e Impresa dell’Università di Catania. L’iniziativa è stata organizzata insieme con la collaborazione della filiale di Catania della Banca d’Italia, è rivolta a studenti, attori e istituzioni della comunità iblea e stakeholder (soggetto o gruppo coinvolto in un’iniziativa economica, società o altro progetto, e con interessi che possono influenzare le politiche, i processi lavorativi o i prodotti dell’azienda) del MIES.
IL TEMA
«“Il divario fra nord e sud sarà colmato solo nel 2020”. Con questa previsione titolava cinquant’anni fa il grande meridionalista Pasquale Saraceno sulle colonne del Corriere della Sera del 13 settembre del 1972. Ancora oggi la complessità delle cause storiche, economiche, sociali, morali, continuano a essere nelle parole di tanti ma nei progetti di pochi. E dopo oltre cinquant’anni l’Italia, sempre più polarizzata, è la nazione europea dalle diseguaglianze più ampie. L’attualità e l’urgenza della “questione meridionale” sono stati qualificanti per avere le risorse del PNNR per finanziare riforme e interventi per le otto regioni del Sud, ma occorre avere un piano e degli obiettivi».
L’ANALISI
L’analisi su ciò che il Sud continua a scontare è come un rosario che abbiamo imparato a recitare. La carenza di infrastrutture, la competitività delle aziende, il costo del denaro e i servizi finanziari, l’efficienza della pubblica amministrazione e della giustizia (al cospetto, tra l’altro, di un più elevato tasso di criminalità), il basso numero di laureati (e in particolare di laureati in discipline scientifiche, tecnologiche e informatiche), un’offerta di lavoro di bassa qualità, imprese a conduzione e dimensione per lo più familiare. Il tutto inserito in un contesto nel quale mancano strategie complessive di sviluppo.
«Il Sud da solo – ha detto a questo proposito il professor Amedeo Lepore dell’università Vanvitelli di Napoli – non va da nessuna parte. Ha senso parlare di Sud solo se lo inseriamo nel contesto dell’intero Paese e dell’Europa, imparando a sfruttare quelle risorse, come i giovani e le donne, che sinora sono rimaste ai margini».
LE POTENZIALI SOLUZIONI
L’inversione di rotta può venire dal capitale sociale, dalle conoscenze, dalla ricerca e quindi dalle Università, ma anche dalla spinta all’economia che può arrivare dal Pnrr, dal fondo sullo Sviluppo e la coesione, da incentivi specifici in grado di mettere a sistema singole specificità territoriali. E naturalmente da una rete portuale, ferroviaria, aeroportuale, stradale moderna ed efficiente in grado di supportare imprese e sistemi che lottano in una competizione che resta globale. In un contesto economico che muta e che punta su digitale, agroalimentare e green economy, il Sud può recuperare competitività perché, proprio su questi aspetti può rovesciare antichi paradigmi e innescare la parabola del cambiamento.
«Nelle infrastrutture digitali – ha sottolineato Giuseppe Saporito della divisione Analisi e ricerca di Banca d’Italia – non c’è alcuno svantaggio del Mezzogiorno e la Sicilia ha la stessa rete della Lombardia».
Il Ponte sullo Stretto può essere strategico – evidenziato Alberto Cozzo presidente di Federspedi Sicilia – soprattutto se, cambia lo scenario geo-politico che riguarda l’Africa e i suoi Paesi mediterranei dove oggi prevalgono instabilità e guerre. E a patto che la crisi del Medio Oriente non tagli fuori il Mediterraneo dalle rotte delle merci. «L’agroalimentare della Sicilia – ha aggiunto il presidente di Federspedi Sicilia – è meglio se viaggia su rotaia o in aereo. Vale un miliardo di euro e oggi viene distribuito quasi tuttosu gomma».
L’OPINIONE DI ADDUSO
Sarò breve e senza panegirico. Al Sud, e specialmente in Sicilia, risaputamente quanto altrettanto dissimulato, la degenerazione nel generale sistema pubblico-politico, è talmente radicata quanto mistificata, che non ci saranno mai soldi e abilità sufficienti per potere risolvere il divario con le altre parti della Penisola che, intendiamoci, non è che saranno diverse, ad esempio, nella “corruzione, spartizione, ecc.”, ma evidentemente in qualcosa differiscono, oppure, “dividono” ma anche impiegano concretamente per i cittadini.
Il divario tra Nord e Sud non è solo infrastrutturale
Al Sud e soprattutto nell’Isola, sembra non esserci il minimo senso del dovere e della doverosità, anche quando strapagati. Prevale la concezione che una volta nel sistema: si deve essere mantenuti a vita; che si può anche non fare nulla e specialmente si possono fare le “proprie cose”; tanto si è anche forzosamente (leggi insulse come chi li ha partorite) garantiti, poiché non ci sono sanzioni, licenziamenti, destituzioni, anzi si viene in modo scadenzato persino, tutti, premiati (la “Performance”), oppure collocati su qualche altra poltrona, sedia o sgabello o ancora ricandidati in altra elezione e così si rientra da un’altra “porta o finestra”.
Il divario tra Nord e Sud non è solo infrastrutturale
Tale cancrenosa mentalità, ha ormai, in modo lampante, infettato pressoché uniformemente anche la società: Corporazioni, Ordini professionali, Università, Scuola, Imprenditoria, Categorie e Associazionismo. Aspetto ulteriormente deflagrante: il trasversale sistema politico, per continuare a garantirsi il voto, negli ultimi decenni e, specialmente anni, ha visibilmente esasperato il clientelismo e scambio di voto sociale, aprendo, senza filtri di competenza e psicologici, anche le porte delle liste elettorali, settori amministrativi e istituzionali o annessi e connessi, a palesi arrivisti (senza distinzione di genere), subdoli, venali, arroganti, sprezzanti (anche di peggio) e specialmente disinteressati e indifferenti al bene e fine comune, bensì attirati unicamente per le proprie “tasche”. Per omertosa opinione generale, queste orde appaiono ancora più vessatorie, turlupinatrici e accidiose di quelle di prima.
Il divario tra Nord e Sud non è solo infrastrutturale
Per adesso è arrivato il salvagente del Pnrr che ha rimesso un po’ in movimento l’economia, seppure non si capisce come poi si dovrà in buona parte restituire. Ma questo continuare, come se non ci fosse un domani, raccontandoci oratorie, dati e pure fiabe, oppure, più convincentemente, che tanto da qualche parte arriveranno dei soldi per coprire l’annoso andazzo, è di una pericolosità, temo, oscura. Si deve innanzitutto ripristinare il senso del dovere e della doverosità, nonché il sano pensiero (timore) delle leggi e pene (per tutti nessuno escluso), ma facendole anche conoscere a cominciare dalla scuola dell’obbligo come materia di base. Inoltre si ripristini la partecipazione efficace, snella e non costosa, del cittadino alla Cosa pubblica, specialmente nel rispettivo Comune e Provincia.