Qualche giorno addietro c’è stata la “Giornata mondiale dell’acqua” 2024, istituita ogni 22 marzo dall’Onu nel 1992. L’istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) ha fornito alcune eloquenti informazioni sulla complessiva situazione italiana (sinteticamente riportati): 424 litri/abitante di prelievo giornaliero di acqua potabile con l’Italia terza in Europa (Anno 2022); 42,4% di acqua potabile dispersa per inefficienza delle reti comunali di distribuzione (Anno 2022); 4,7 miliardi di metri cubi di acque reflue urbane depurate con trattamento avanzato e disponibili per riutilizzo non potabile (Anno 2020); 28,8% di famiglie che non si fidano a bere acqua di rubinetto (Anno 2023); Quasi il 70% di persone di 14 anni e più fa attenzione a non sprecare acqua (Anno 2023). Nel 2022 l’acqua dispersa nelle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile soddisferebbe le esigenze idriche di 43,4 milioni di persone per un intero anno.
La Giornata dell’acqua, un allarme sulla dispersione nelle forniture idriche
Le reti comunali di distribuzione erogano ogni giorno, nel 2022, per gli usi autorizzati, 214 litri di acqua potabile per abitante (36 litri in meno del 1999). Nel 2021, il 21,8% della spesa per la protezione dell’ambiente è destinato ai servizi di gestione delle acque reflue. Nel 2020, il 19,0% della superficie agricola utilizzata è irrigato. “Le perdite totali di rete – evidenzia l’Istat – sono da attribuire a diversi fattori: fisiologici, presenti in tutte le infrastrutture idriche in quanto non esiste un sistema a perdite zero; rotture nelle condotte e vetustà degli impianti, prevalente soprattutto in alcune aree del territorio; fattori amministrativi, dovuti a errori di misura dei contatori e usi non autorizzati (allacci abusivi)”. Eppure l’acqua, insieme a tutti i peculiari servizi paralleli, è dichiarata a livello mondiale quale elemento indispensabile per la sostenibilità ambientale, il benessere dei cittadini e la crescita economica. Nella Storia umana la sua carenza è stata notoriamente motivo di migrazione di interi popoli, nonché sofferenze, stermini e guerre.
IN SICILIA
Nell’Isola, risaputamente, le condutture che dalle sorgenti, serbatoi e vasche di raccolta dovrebbero portare l’acqua fino alle città e alle case, sono vecchie, di solito con poca manutenzione e spesso (ufficialmente) rattoppate, specialmente nei tratti comunali (qualche malalingua colloca la necessaria erogazione dell’acqua tra “le decennali manciugghie costituzionali senza fondo pubblico-politiche italiane e specialmente siciliane). L’acqua immessa nelle condutture a Palermo e provincia per quasi metà non solo si disperderebbe ma verrebbe anche prelevata abusivamente. Nel capoluogo regionale su 345 metri cubi d’acqua pro capite che viene immessa negli impianti, di fatto ne arriverebbe a destinazione circa la metà. A Napoli, per fare un raffronto con un altro capoluogo del Sud, vengono immessi 330 metri cubi d’acqua a testa (quindi meno di Palermo) e ne arrivano più di 219 mc. Palermo è anche la città italiana che, dopo Cagliari è tra i capoluoghi di regione, disperde più metri cubi d’acqua al giorno per chilometro di rete idrica: circa 100.
La Giornata dell’acqua, un allarme sulla dispersione nelle forniture idriche
La città siciliana con più perdite d’acqua risulterebbe Siracusa, avendo un’inefficienza della rete idrica in cui si disperderebbero due litri d’acqua su tre prima che arrivi alla cittadinanza: vengono immessi nella rete idrica 539 metri cubi d’acqua pro capite per arrivarne al consumatore 188. Anche a Messina si disperde parecchia acqua. Nella città dello Stretto 57 litri ogni cento verrebbero persi tra innumerevoli tubazioni. A Catania si sta lavorando ad un piano straordinario per gli interventi più urgenti che manca da oltre mezzo secolo tanto che la dispersione idrica arriverebbe al 54,7%. Ad Agrigento le perdite d’acqua supererebbero il 52%. A Trapani perdura un’erogazione alternata ma le perdite d’acqua sarebbero solo del 17,2%. A Ragusa si arriverebbe al di sopra del 55% di dispersione idrica.
L’OPINIONE
Qualche giorno addietro, durante una diretta della nostra trasmissione “La Parola”, si accennò alle cicliche Mini ere calde che si alternano da migliaia di anni a quelle fredde. Le mini ere calde, si ritiene oggi, alla luce di nuove scoperte storico-archeologiche, sarebbero state anche motivo di scomparsa persino di potenti imperi. Vengono in mente, in modo molto sintetico, quello Ittita ubicato in Anatolia, l’attuale Turchia, tra i secoli 2000 e 1700 a.C. tanto che i re di quel tempo scrivevano ad altri regnanti vicini compresi i faraoni dell’antico Egitto di aiutarli poiché la siccità e quindi la carestia li stava uccidendo, oppure quello più recentemente scoperto di Akkad (o accadico) esistito nella seconda metà del III millennio a.C. tra il 2350 e 2200 a.C. circa nella Mesopotamia del Nord, scomparso, si ritiene oggi, a causa dell’aridità del clima. E la lista potrebbe continuare
La Giornata dell’acqua, un allarme sulla dispersione nelle forniture idriche
Dal 1850, ci dice la scienza moderna, siamo entrati in una mini era calda che, stando alle precedenti, potrebbe durare almeno altri tre secoli. Il caldo non potrà quindi che accrescere. A ciò si aggiungano le attività antropiche e oltre 8 miliardi di umani sul pianeta. Se quest’Isola non trova (anche se a volte, è da temersi, pare ci vorrebbe quasi un miracolo) il senso del fine e interesse comune, come anche il doveroso dovere, nonché il sano timore di sanzioni, licenziamenti e pene (ma per tutti, nesun “blasonato” indenne), ci potremmo svegliare prima o poi in una situazione climatica di fuoco e con poca acqua per spegnerlo.
Nell’immagine di copertina una caratteristica e ancora circoscritta area desertica tra i monti Erei e l’Etna, nella valle del Simeto, in territorio di Centuripe e Paternò: i cosiddetti calanchi del Cannizzola, conosciuti anche con il nome di deserto di Centuripe.