Ci eravamo occupati del notorio divario lavorativo dal quale emerge la necessità in Italia di avviare, quanto prima, politiche concrete e investimenti a favore delle mamme “Sicilia. Un’Isola che non favorisce le mamme. Secondo il report di Save the Children, la Sicilia non è favorevole alle mamme. In Italia due milioni di donne in meno in età riproduttiva”. Adesso anche lo SVIMEZ (un’associazione privata senza fini di lucro, che include nel suo statuto lo scopo di promuovere lo studio delle condizioni economiche del Mezzogiorno d’Italia) con il suo costante monitoraggio sugli stanziamenti per l’attuazione del PNRR, evidenzia nel proprio ultimo numero di Informazioni “Asili nido e infrastrutture scolastiche” che con l’attuale metodologia il PNRR non colmerà i divari territoriali. L’articolo è dedicato al tema dei servizi per la prima infanzia e dell’istruzione: settori interessati da profondi divari territoriali nella dotazione di infrastrutture adeguate, nella quantità e qualità dei servizi offerti a bambini e alunni, negli esiti dei processi di apprendimento e formazione. In sintesi si sintetizza che la carenza di servizi nel Mezzogiorno penalizza il lavoro delle donne con figli e contribuisce alla diminuzione demografica. Nel Sud appena il 35,3% delle madri con figli in età prescolare lavora rispetto al 64% del Centro-Nord.
Al Nord, il tasso di occupazione femminile tra i 25 e i 49 anni scende dall’85% per le donne senza figli al 66% per le madri con figli di età inferiore ai 6 anni (-22%). Nel Sud cala in maniera ancora più accentuata: dal 58% ad appena il 38 per le donne con figli in età prescolare. Anche per la carenza di servizi per l’infanzia, nelle regioni meridionali la maternità riduce il tasso di occupazione delle giovani donne di oltre un terzo.
I divari regionali più marcati si osservano per la disponibilità di mense scolastiche, la cui assenza limita la possibilità di offrire il tempo pieno. Meno del 25% degli alunni meridionali della scuola primaria frequenta scuole dotate di mensa (contro circa il 60% nel Centro-Nord); meno del 32% dei bambini nel caso delle scuole dell’infanzia (contro circa il 59% nel Centro-Nord). Le situazioni più deficitarie interessano Sicilia e Campania, con percentuali inferiori al 15%. Dato molto preoccupante se paragonato al 66,8% raggiunto dall’Emilia-Romagna e al 69,6 % della Liguria. Il Mezzogiorno soffre inoltre di un grave ritardo nell’offerta di servizi per la prima infanzia: le regioni meridionali più distanti dall’obiettivo del LEP (livelli essenziali delle prestazioni, sono quelli che l’articolo 117, secondo comma, lettera m della Costituzione della Repubblica Italiana vuole che vengano garantiti su tutto il territorio nazionale) dei posti autorizzati da raggiungere entro il 2027 (il 33% della popolazione di età compresa tra 3 e 36 mesi) sono Campania (6,5), Sicilia (8,2), Calabria (9) e Molise (9,3).
Sebbene la “quota Sud” sia stata rispettata, gli enti territoriali delle tre regioni meridionali più popolose – Sicilia, Campania e Puglia – hanno avuto accesso a risorse pro capite per infrastrutture scolastiche inferiori alla media italiana, nonostante le marcate carenze nelle dotazioni infrastrutturali che le contraddistinguono.
La distribuzione provinciale delle risorse assegnate ai Comuni segnala significative differenze intra-regionali, soprattutto nelle regioni più grandi: in quasi tutte quelle meridionali, la provincia con il maggior fabbisogno di investimenti non coincide con quella che ha ricevuto le maggiori risorse pro capite. Questa situazione caratterizza, in particolare, Napoli e Palermo che si trovano tra le ultime quindici province nella graduatoria per risorse pro capite assegnate pur avendo, ad esempio nel caso delle mense, una percentuale bassissima di alunni che possono usufruirne (rispettivamente 5,7 e 4,7).
Lo Svimez sottolinea che nelle famiglie italiane si registrano tassi di occupazione sensibilmente più elevati per i genitori che per i figli (67,8% contro il 56,1%). Ed il tasso di occupazione dei padri italiani è pari all’83,2% a fronte del 55,1% delle madri. L’occupazione nel 2022 è cresciuta rispetto al 2021 anche per le donne, ma le regioni italiane del Mezzogiorno non riescono a recuperare terreno e restano in fondo alla classifica. Nel 2022 in Sicilia, ultima in Ue per occupazione femminile, solo il 30,5% delle donne tra i 15 e i 64 anni lavorava (solo il 29,1% nel 2021) a fronte del 64,8% medio dell’area euro.
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