Il noto quotidiano statunitense (fondato nel 1851) ha dedicato un articolo alla nostra Isola che si sintetizza nelle parole utilizzate: “Sicily is not Italy” (la Sicilia non è l’Italia), in particolare con un’analisi turistico-economica del capoluogo di regione, evidenziando, per i turisti americani, l’opportunità di prezzi più bassi rispetto alla Penisola e allo stesso tempo il fascino determinato dal mescolamento secolare di culture si tanti popoli che hanno abitato la Sicilia, greci, romani, bizantini, arabi, normanni e spagnoli. Il New York Times definisce l’Isola un pesce fuor d’acqua rispetto al panorama italiano ma forse proprio per questo affascinante. Il noto quotidiano americano, dopo Tokyo, Miami e Johannesburg, dedica la sua guida turistica “36 ore” a Palermo e senza, come accadeva in passato, associarla alla mafia. Si evidenzia che negli ultimi anni sono rinati i ristoranti, i musei, le enoteche, sostanzialmente, seppure si parla di Palermo, tale neo visione turistica-culturale-economica la si può estendere a tutta la Sicilia. Insomma finalmente nel mondo si nota qualcosa che c’è sempre stata nella nostra Isola ma che prima era annerita dalla nomea mafiosa.
L’OPINIONE
Ma torniamo a parlarci tra di noi siciliani. Questa visione dell’Isola descritta ora dal New York Times è stata di tutta evidenza sempre stabilmente reale, anzi si potrebbe aggiungere senza timore di essere smentiti che: siamo una terra baciata dalla Natura, per il clima, il mare, i monti, il sole e la neve, la posizione nel Mediterraneo, l’aria in generale pulita che si respira, i frutti, la fauna, la flora, il cibo, la cucina, anche certa socialità. Poi però c’è la decennale imputridita ‘disgrazia’: la trasversale generalizzata politica: interiormente intrisa di mafiosità e ora anche mercimonio, uomini, donne e altro come un’orda di predoni, parassiti, arraffoni, inconcludenti, insulsi, arroganti, sprezzanti, banderuole, ipocriti, retorici, corrotti, concussori, conniventi, omertosi, anche commistionati, ammanigliati e manierati con istituzioni, cultura, informazione, scuole, università, associazioni, corporazioni, categorie, religioni, ordini professionali e cosiddetta società civile, altrettanto evidentemente della stessa interiorità deviata. Tutto questo conseguentemente procrea umana emulazione, specialmente tra le nuove generazioni, nonché pure genera pletore di codazzi (clientelismo): cittadini prezzolati, cinici, opportunisti, prostituti, lucciole, mercanti di conterranei senza scrupoli, subdoli, iscarioti, spie dei padrini e servi felici. Un generalizzato coacervo di “mele marce” dagli scranni più alti fino all’ultimo strapuntino, che infetta e ammuffisce tutto e chiunque, oppure mette in qualche modo a tacere, pure civilmente, giudiziariamente o più spesso con ritorsioni trasversali anche sociali, familiari o legalizzate. In questo avariato ginepraio s’innesta l’atto nazi-mafioso costituzionale per cui il cittadino non conta più nulla non avendo alcun efficace potere di controllo, salvo disporre di molti soldi, tempo e tanta salute, sicché non ci sono più forzosi contrappesi sociali, in quanto la gestione della Cosa pubblica avviene impunemente tra di ‘LORO’-groviglio-pubblico-politico. Parallelamente, guarda caso, c’è poi la mafia, la stidda, le cosche, delinquenza varia, spaccio, sfruttamento, truffe, stupri, ecc. Ovviamente, va detto che la Sicilia, seppure a statuto speciale (l’autonomia siciliana è quella particolare forma di governo della Regione Siciliana, disciplinata dalla legge costituzionale n.2/1948, a norma dell’articolo 116 della Costituzione italiana, che l’ha dotata di un’ampia autonomia legislativa, amministrativa e fiscale ) non legifera in alcune materie, specialmente penali e sanzionatorie, le quali sono unicamente di competenza del Governo e Parlamento nazionale, questi ultimi (evidentemente nel tempo di analoga interiorità traviata) sono pertanto da ritenersi da sempre anche corresponsabili primari della risaputa quanto dissimulata annosa certa condizione in cui versa l’Isola e, soprattutto molti siciliani, nonostante le positività della Sicilia, ove chiunque venga a trovarci con oggettività non può che magnificarle. Infine la domanda delle domande: come se ne esce dalla incancrenita ‘disgrazia’ ?
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