I vigneti sorgono tra gli 800 e i 1000 metri d’altezza, in territorio di Santa Maria di Licodia
C’è tanta Sicilia ed anche un pezzo del nostro territorio etneo al Vinitaly che ha aperto i battenti domenica scorsa a Verona e che si concluderà nella giornata di oggi. Tra i diversi vini che sono approdati al salone Internazionale del vino e dei distillati, a ricevere durante la prima giornata di “fiera” il prestigioso riconoscimento dell’inserimento all’interno della guida “5StarWines-The Book” pubblicata da Veronafiere c’è anche l’Etna Doc bianco “Millemetri” annata 2014, prodotto dall’azienda Feudo Cavaliere di Santa Maria di Licodia, condotta oggi dall’imprenditrice Margherita Platania. Uve carricante vinificate in purezza, maturate su terreni lavici unici che si ergono tra gli 800 e i 1000 metri di altezza, forti escursioni termiche nella fase finale della maturazione che ne attribuiscono aromi particolari, hanno rappresentano il mix perfetto per l’attribuzione del punteggio di 91 centesimi facendo ipotecare al vino licodiese, un posto di diritto all’interno della guida dei vini “stellati”. Requisito d’accesso alla “top wine” mondiale, è il raggiungimento del punteggio minimo di 90 punti su 100, assegnato da una apposita giuria
Una storia antica quella dell’azienda licodiese Feudo Cavaliere – costellata nel corso degli anni da diversi riconoscimenti nel settore enologico – che oggi conta circa 18 ettari di vigneti e che dal 1880 è di proprietà della famiglia Platania D’Antoni dopo essere stata acquistata direttamente dal personaggio letterario di Blasco Uzeda, ex monaco benedettino che a causa della secolarizzazione fu ridotto a stato laicale e tramite un prestanome acquistò queste terre precedentemente appartenute all’ordine monastico. Si legge nel romanzo “I Vicerè” di Federico De Roberto che “Don Blasco Uzeda, ex benedettino del monastero di S. Nicolò l’Arena di Catania, una volta secolarizzato, tramite un prestanome venne in possesso di una delle migliori terre dei benedettini: la vigna del Cavaliere. Le cantine di San Nicola erano ben provvedute e meglio reputate, e se i monaci trincavano largamente, avevano ragione, perchè il vino delle vigne del Cavaliere era capace di risuscitare i morti”. Un territorio ricco di aziende e di opportunità per il turismo enogastronomico – spesso sconosciuto anche agli abitanti del luogo – ma che oggi ancora una volta potrebbe rappresentare uno slancio reale per l’economia legata al turismo che ruota attorno alla grande madre Etna.