LA ‘transumanza’ dai Cinque Stelle ad altri partiti non sembra fermarsi. Negli anni si sono sparsi un po’ in tutti i partiti e persino ne hanno fondato un altro, Impegno Civico che però non ha avuto riscontro elettorale, seppure il suo principale promotore, l’ex ministro Luigi Di Maio per gli affari esteri e della cooperazione internazionale del governo prima Conte e poi Draghi, adesso è inviato dell’Unione Europea per il Golfo persico con una remunerazione (si legge sulla Rete) di circa 13 mila euro al mese che può lievitare fino a 16.000 euro in caso di trasferimento all’estero. Non di meno, tra i diversi, un passaggio che apparve eclatante è stato quello di Giancarlo Cancelleri, viceministro delle Infrastrutture nel secondo governo di Giuseppe Conte (oggi quest’ultimo presidente del Movimento Cinque Stelle) che passò a Forza Italia.
Ma ritornato alla ‘transumanza’ verso Forza Italia, dopo Cancelleri si registrano altri due recenti casi entrambi consiglieri alla Regione Lazio: l’ex capogruppo pentastellata, Roberta Della Casa; e Marco Colarossi (il più giovane consigliere regionale del Lazio sulla cui elezione in atto pende un ricorso al Tribunale civile da parte del collega M5s Vincenzo D’Antò). In precedenza nel 2021, anche l’ex presidente del consiglio comunale di Roma, Marcello De Vito (il più votato nel 2016 tra le file pentastellate) era passato a FI.
L’OPINIONE
Per dovere di cronaca e correttezza va detto che quella sopra indicata come ‘transumanza’ parlamentare è consentita dalla Costituzione, articolo 67 “Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato” che, palesemente andrebbe rivisto, poiché quando il 22 dicembre 1947 fu approvata la Costituzione, forse, era più sentito il senso di appartenenza, doverosità verso gli elettori e dignità personale, oggi, di tutta evidenza e sotto gli occhi di chi ancora può e vuole vedere, c’è prevalente un trasversale mercimonio (e per contagio a cascata anche nella società) dagli scranni più alti fino all’ultimo strapuntino, dal Parlamento nazionale a quelli regionali per finire a province e Comuni. E purtroppo non può non venire in mente una nota didascalia: “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello” (Purgatorio, canto VI, vv. 76-78). Se ne deduce, stante che la predetta risalirebbe ai primi del 1300, che c’è qualcosa di interiore nella nostro modo di concepire le cose che ci rende così. Dopo 900 anni siamo, a detta di tutti e in modo pure lampante, ancora un “bordello”. Evidentemente sin dal nostro primo vagito, poi nell’infanzia, quindi nell’adolescenza e infine dopo i vent’anni nell’età adulta (ove già siamo pressoché irreversibilmente contaminati, contagiando chi viene dopo) riceviamo delle informazioni cognitive e culturali rafferme, dissimulanti, elusive, retoriche, omertose, sostanzialmente stantie come la mentalità di coloro che ce le impongono per legge tramite la scuola e quelli che le sostengono (assoldati) facendo magniloquenze. Un secolare premeditato recinto per un popolo carente di attenzione, concretezza, visione del presente e quanto meno del breve futuro, tanto più nel 21° secolo, sicché così il sistematico sistema continua agevolmente a pascolarci per fornirgli latte, carni e pelli. Fino a che dura.
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