Amore malato: andare in terapia, non appena ci si accorge dei segnali (i segnali ci sono sempre!) e chiedere aiuto, parlarne, frequentare gruppi di ascolto, non stare da sole
Perché non lo lascio? Questa frase è il titolo di un noto libro ed è la domanda che tutti rivolgono alle donne vittime di violenza: perchè non lo lasci? Quante volte abbiamo sentito frasi del tipo: «Sto male con lui ma non riesco a lasciarlo»; «Mi tratta male ma non ce la faccio a lasciarlo»; «Lo amo troppo, non so vivere senza di lui»; «Non ce la faccio, ci amiamo troppo»; «Fa follie per me, lo amo da morire, se lo lascio sto male»; «Vivo male con lui, ma vivo peggio senza di lui».
Amare follemente, amare da morire è davvero amore? No, non è amore ma è dipendenza, è bisogno, è sottomissione. È una dipendenza le cui motivazioni sono da ricercare nel passato, nella nostra storia antica. Il partner funge da tappo a ferite che portiamo dentro da anni, lasciarlo significherebbe togliere quel tappo e far sanguinare la ferita e la sofferenza sarebbe troppo forte.
E allora? Cosa fare? Guarire quella ferita antica e far cadere il tappo da solo. Questa è l’unica soluzione. La soluzione vera. La soluzione definitiva. Quello che voglio dire è che l’origine del legame malato è da ricercare dentro di noi. Le violenze vanno denunciate, sempre, ma nel contempo vanno curate le ferite, vanno viste, vanno comprese, altrimenti il rischio è quello di ricaderci, con lui o con un altro. Ma il più delle volte le donne che vivono una condizione di dipendenza non lo sanno, non ne sono consapevoli.
Ci sono donne che non sanno minimamente, per esempio, che cosa sia il narcisismo e attribuiscono il comportamento freddo, anaffettivo, maltrattante al carattere forte del partner e non hanno la minima consapevolezza che, invece, il partner narcisista non è forte, ma tutt’altro, è un debole, è un fragile.
È un debole e un fragile che, però, è capace di fare tanto male. È un violento e, quindi, bisogna lasciarlo. Non lo bisogna giustificare.
Però lo si giustifica sempre in virtù di quella dipendenza, tanto forte da non ascoltare le amiche che ti spingono ad allontanarti, da non ascoltare la famiglia, da non ascoltare nessuno perché quell’amore pazzo, folle, secondo noi, è un amore unico. Ma non è così. L’amore è fluido, l’amore scorre, l’amore è naturale, l’amore non è pazzia, l’amore non è follia, l’amore non è eccesso. Dove c’è eccesso c’è malattia, c’è sofferenza.
Se non riesci a stare senza di lui, se lo cerchi in continuazione, se anche lui ti cerca in continuazione, non bearti di questo, non credere che tu sia così speciale da vivere un amore unico, un amore diverso, ma guarda, osserva la tua condizione, apri gli occhi. L’amore non è un’alternanza di urli, di insulti, di silenzi, di abbandoni, poi di ritorni, di apparente pace e poi di nuovo di urli e di insulti. Questa non è altro che violenza.
Ma è proprio questa alternanza tra il “mostro” e il “principe azzurro” che crea la dipendenza. E, allora, perché non lo lascio? Non lo lascio, tra le altre motivazioni, anche e, secondo me, soprattutto, a causa di questa dipendenza da un legame che, in qualche modo malato, fa sentire speciali. Speciali, perché essere amate da un anaffettivo, narcisista, Peter Pan, immaturo ci rende uniche, ci riscatta dalle mancanze e dai vuoti del passato.
Il narcisista si presenta come dolcissimo, buonissimo, vi bombarda di “amore”, di attenzioni, vi parla di matrimonio dopo pochi giorni di rapporto, di figli, di progetti, vi cerca continuamente, vi fa raggiungere le stelle (questa dinamica si chiama love bombing, appunto, bombardamento d’amore) e quando le avete raggiunte le stelle, inizia a maltrattarvi, a violentarvi l’anima con le sue manipolazioni, a denigrarvi, ad abbandonarvi e voi impazzite al pensiero di come un uomo così meraviglioso come quello dei primi tempi della relazione possa essere diventato un tale mostro e vi ostinate a volere che lui ritorni quello di prima.
Ma non accadrà. Anzi, quando vi avrà distrutte vi scarterà. Si allontanerà e userà silenzi mortali. Sparirà. Come se la terra lo avesse inghiottito. Nel frattempo frequenterà altre donne che gli daranno il rifornimento che serve al suo ego fragile e poi tornerà! E perché tornerà? Per amore? Perché gli siete mancate? Perché ha capito di avere sbagliato? No! Tornerà per riagganciarvi e per avere la conferma che voi siete ancora lì, per poi, dopo un periodo di nuovo love bombing, riprendere a maltrattarvi, a farvi violenza psicologica, per poi abbandonarvi di nuovo.
Quindi, perché non lo lascio? Perché comprendere queste dinamiche quando le si vive è difficile. Perché i narcisisti, gli anaffettivi, i Peter Pan normalmente si legano a donne empatiche, a donne emotivamente immature, a donne che credono che il principe azzurro esista, a donne che credono alle favole d’amore.
Perciò, cosa dire a chi vive un rapporto del genere? Andare in terapia, non appena ci si accorge dei segnali (i segnali ci sono sempre!) e chiedere aiuto, parlarne, frequentare gruppi di ascolto, non stare da sole, aggrapparsi alle amiche, soprattutto a quelle amiche che vi dicono le cose in faccia e che vi dicono che il vostro è un legame malato, ma soprattutto bisogna curare le proprie ferite facendo una adeguata terapia.
Cosa dire a chi riesce a lasciare questi soggetti? No contact assoluto! Non cercatelo, non rispondete ai suoi messaggi, non frequentate le persone che vi danno notizie di lui, non curiosate sui social network, tagliate completamente i contatti, perché tutto vi può fare ricadere. Pensate solo a disintossicarvi. Non cercate chiarimenti e non date chiarimenti. Tanto non capirebbe. Fidatevi che non capirebbe. E se anche vi chiedesse scusa, lo farebbe solo per tentare di riprendervi e non certo perché sente di dovere chiedere scusa.
I narcisisti non sentono, non provano. Accettate che i narcisisti non soffrono per il distacco da voi. Però, soffrono. Soffrono per loro stessi, per la loro solitudine interiore, per la loro incapacità di amare. Soffrono perché invidiano la vostra capacità d’ amare, la vostra empatia, che loro vorrebbero provare ma non ne sono capaci. Lasciateli. Allontanatevi. Proverete vuoto, dolore, astinenza, starete male come non mai, ma è un male che vi porterà alla rinascita, alla vita. Tornare con lui forse inizialmente placherà il dolore ma vi porterà in un tunnel ancora più nero.
Lasciateli andare. Salvatevi. Pensate a voi, alla vostra anima, alla vostra vita. Imparate a stare da sole, imparate ad amarvi che se non vi amate voi non vi ama nessuno. Fortificatevi. A loro penserà l’universo.
Su internet gira un video di un film che si intitola “Vivi, prega, ama”. L’ho visto un giorno per caso. La protagonista è la stupenda Julia Roberts, la quale, vive il dolore per il distacco dal compagno e, durante un viaggio a Roma, visitando l’Augusteo, il mausoleo eretto da Augusto per sé e per la propria famiglia, dice “Le rovine sono un dono. La distruzione è la via per la trasformazione” (la scena è nel video in alto. ndr). Frase che, in realtà, è rivolta a se stessa e al momento di sofferenza che vive per il distacco dal compagno e alla sua voglia di rinascita.
Frase che io trovo profonda ed emozionante. Sostare nella sofferenza di un rapporto malato non porta altro che altra malattia, finanche porta la morte. Soffrire per il distacco da un amore malato, invece, rende speciali, forti, perché non è una sofferenza che ti blocca, ma è una sofferenza che ti conduce alla vita, alla luce, alla libertà e all’amore per se stessi. È una sofferenza che ti fa evolvere, ti fa volare.
Una persona fantastica che stimo moltissimo, qualche tempo fa, parlando dell’argomento, ha reso perfettamente il concetto, dicendo simpaticamente: siete delle aquile, ma vi credete polli. Loro sono polli, ma si credono aquile. Ed è vero! Siete delle aquile, spiccate il volo! All’inizio del percorso, forse, arriverete alla distruzione, ma non mollate, vedrete che rinascerete, vi trasformerete.
Auguro la trasformazione a tutte le vittime dei narcisisti, degli anaffettivi, dei violenti, dei Peter Pan, degli immaturi. A questi ultimi, invece, non auguro nulla perché il loro vuoto interiore lascia vuoto e, pensando al male che sono capaci di infliggere, non mi viene nessun augurio, anche perché non sarebbero in grado di coglierlo. Mi viene solo tristezza per la condizione in cui vivono.
Dedico questo articolo a tutte le bambine che sono state da piccole le donne vittime di violenza e a tutti i bambini che sono stati da piccoli gli uomini violenti. Sì, perché anche loro sono stati bambini. Bambini non amati.