Il 2023 è un anno di transizione tra la fase di eccezionale recupero post-pandemico e un futuro incerto nel quale la crescita economica è tutta da costruire. Così l’Ufficio Studi Confcommercio nella “Nota sulle economie regionali” (qui il documento in pdf) diffusa in occasione dell’Assemblea Generale della Confederazione. Ma se Pil e consumi cresceranno rispettivamente dell’1,2% e dell’1% a livello nazionale (nel 2024 dell’1,3% e dell’1,1%), usando la lente di ingrandimento si copre che il prodotto interno lordo del Mezzogiorno crescerà quasi tre volte meno rispetto al Nord (+0,5% contro +1,4%) e che ci saranno regioni a crescita zero Calabria e Sardegna rispetto al +1,7% della Lombardia.
Al Sud, e non è certo una novità, si concentra anche la situazione più complicata per quanto riguarda l’occupazione. Il Mezzogiorno, secondo la ricerca, è l’unica area dove tra il 1996 e il 2023 è diminuito il numero di lavoratori. A quasi trenta anni di distanza, a fronte di una media nazionale del +6,5%, il Sud fa segnare un calo dell’1,7% contro il +13,1% del Centro, il +11,6% del Nord-Est e il +6,9% del Nord-Ovest. Le ultime due posizioni della “classifica” non a caso sono occupate da Calabria (-7,2%) e Campania (-5,2%), seguite dalla Sicilia (3,5), con all’opposto Lazio (+19%) e Trentino Alto Adige (+18,7%). Il calo occupazionale non può non far sentire il suo effetto sul Pil italiano, con il contributo del Sud che, sempre tra il 1995 e il 2023, è diminuito dal 24,1% al 21,7%.
Il divario è anche nelle stime sull’andamento dei consumi 2023 che Confcommercio vede in crescita del +1,2% nel Nord-Ovest, nel Nord-Est ed al Centro con un forte ritardo nel Mezzogiorno (+0.4%) ed una media per il Paese del +1%. Il rapporto si sofferma anche sulla demografia: “Si spopola solo il Mezzogiorno” avverte: “A preoccupare maggiormente è il calo demografico: nel 2023 la popolazione italiana si è ridotta di quasi 1 milione di persone rispetto al 2019, di cui oltre la metà solo nel Mezzogiorno. Nel lungo periodo, tra il 1995 e il 2023, solo quest’area ha perso residenti (oltre 900mila) e Molise, Calabria e Basilicata sono le regioni con i maggiori cali percentuali (tra l’11 e il 12%)”.
Sul fronte del lavoro “gli occupati al sud sono meno di quelli di 30 anni fa”: nel rapporto di Confcommercio “anche le dinamiche occupazionali evidenziano una maggiore criticità del Sud, unica area che registra, tra il 1996 e il 2023, una perdita di lavoratori e che nel 2023 non riuscirà a recuperare nemmeno i livelli di quasi 30 anni fa: a fronte di una media nazionale del +6,5%, il Mezzogiorno fa segnare un calo dell’1,7% contro il +13,1% del Centro, il +11,6% del Nord-Est e il +6,9% del Nord-Ovest; maglia nera per Calabria (-7,2%) e Campania (-5,2%), migliore performance per Lazio (+19%) e Trentino Alto Adige (+18,7%). Gli effetti di questo calo occupazionale nel Sud si fanno sentire: tra il 1995 e il 2023 il contributo di quest’area al Pil nazionale è diminuito dal 24,1% al 21,7%”.
L’OPINIONE
Ogni qual volta esce un report ci si vede costretti a scrivere che il Sud rimane indietro pressoché in ogni campo socio-economico, salvo ove sono la MAGNIFICA NATURA e il TEMPERATO CLIMA a farla da padrone, ovverosia in ciò che la decennale politica vecchia e nuova con rispettive pletore di “seguiti” non è arrivata (ancora) a mettere in qualche modo addosso le proprie mani.
Eppure da anni, quasi regolarmente, l’Informazione riporta spesso che il Meridione rimane la “Cenerentola d’Europa” relegando il Sud sempre più distante di parecchi punti dalla media europea.
Come se ne possa uscire, sarebbe la domanda delle domande. Ma, guarda caso, una risposta concreta (ma neanche mezza) si sente mai (forse anche per timore di questo ‘civile’ sistema), se non retoriche, oratorie, prediche, deontologia, etica, morale, triti discorsi di fine anno, declamatorie estive, persino rimproveri ai cittadini neanche fosse di questi ultimi la responsabilità decisionale quando invece, risaputamente quanto ufficialmente mistificato, in questo non contano nulla. Insomma, si ascolta quasi sempre simulazione e dissimulazione culturale. Fino a che dura.
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