Nel 2019, prima ancora del disastro provocato dalla pandemia, il 22,4 per cento dei ragazzi siciliani ha lasciato la scuola senza conseguire un diploma o una qualifica professionale. Dieci punti in senso negativo aveva la Sicilia al di sopra della media nazionale. Era il dato che emergeva dal report “Le mappe della povertà educativa in Sicilia”, realizzato da Openpolis e Con i Bambini nell’ambito del Fondo per il contrasto della povertà educativa minorile.
Siamo nel 2023 e la Sicilia ancora oggi rimane fanalino di coda in Italia in tema di povertà e bisogni. I Siciliani fanno fatica: continuano a pagare il prezzo della crisi economica post Covid e lo scotto di un diffuso disagio sociale reso più pungente dalle scarse nascite e dall’emigrazione giovanile. Lo raccontano i dati presentati nel corso di un appuntamento su “Inclusione sociale e povertà” organizzato dalla Conferenza episcopale siciliana (CeSi) con il patrocinio dell’Assemblea regionale siciliana e che si è svolto l’altro ieri pomeriggio presso l’Università degli Studi di Messina. Un impegno a tre voci che testimonia come la questione riguardi tutti e abbia una dimensione anche politica e culturale. A rivelarlo sono stati i dati emersi dal Report Caritas 2022, al centro del focus “Inclusione e povertà” organizzato dalla Conferenza episcopale siciliana (CeSi) con il patrocinio dell’Ars, tenutosi nell’aula magna del Rettorato di Messina.
A guardare da vicino, la Caritas rivela che “le famiglie continuano a chiedere aiuto per far quadrare il precario bilancio familiare, malgrado le varie forme di sostegno al reddito”. Se i dati venissero confrontati con quelli del precedente Report, si potrebbe pensare a un miglioramento: lo scorso rapporto sintetizzava gli interventi dei due anni “speciali” del Covid – quindi 2020 e 2021 – che avevano registrato un’impennata straordinaria. Questo miglioramento in rapporto ai tempi di emergenza Coronavirus è una sorta di “falso positivo”: oggi, con il ritorno ad una certa normalità, confrontando i dati con quelli del 2019, quindi dalla “quotidianità” precedente e quella che si sta lentamente ritrovando, si registra un aumento di quasi 100%. E, per la Caritas, questo racconta fatica, difficoltà e stenti di tanta gente – di cui i volontari conoscono nomi, volti e storie – nascosta dentro cifre e percentuali.
Il convegno, moderato dal presidente della CeSi, il vescovo di Acireale mons Antonino Raspanti, è stato pensato come un dialogo a più voci nel corso del quale la Chiesa ha lanciato un accorato appello alle forze politiche “affinché scendano in campo, creando delle reti efficaci e solide”. Introdotti dai saluti del rettore Salvatore Cuzzocrea e dell’arcivescovo Giovanni Accolla, delegato della Conferenza episcopale siciliana per la carità e la salute, anche mons. Carlo Maria Redaelli, vescovo di Gorizia e presidente di Caritas italiana e il presidente della Comunità Sant’Egidio di Catania Emiliano Abramo hanno messo in luce la centralità della persona rispetto alle logiche spesso incomprensibili dei percorsi di inclusione “Perché esiste la povertà? Quali sono le cause?”. La risposta a queste domande, spiega mons. Redaelli, la troviamo nei poveri, che “attraverso il loro disagio aiutano a comprendere chi siamo”. Un’opportunità di conversione dunque perché, sostiene Abramo, “da soli non ci si salva non ci può essere chiesa senza carità”. “Apritevi al dialogo propositivo e programmatico con chi vive il disagio e date ai giovani lo spazio che meritano, hanno bisogno di essere ascoltati” ha detto mons. Accolla. A concludere i lavori Nuccio Di Paola, vicepresidente dell’Ars, il quale ha riconosciuto l’urgenza di un’inversione di rotta della politica che deve impegnarsi concretamente nella lotta alla povertà.
L’OPINIONE
La potente propaganda ci dice che va quasi tutto bene, poi però si apprende quanto sopra. Se governanti, parlamentari, amministratori, istituzionali, burocrati, professionisti e cosiddetta società civile, non stanno dicendo il vero o ancora peggio non ci sarà la ripresa di cui si declama, potrebbe essere una sciagura socio-economica, atteso che, i fondi europei per gli investimenti in corso per due terzi si devono restituire e abbiamo pure un gravoso debito pubblico.
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