I finanzieri del Comando Provinciale di Palermo hanno dato esecuzione a un’ordinanza con la quale il G.I.P. del Tribunale del capoluogo, su richiesta della locale Procura della Repubblica, ha disposto gli arresti domiciliari nei confronti del direttore tecnico Francesco T. 37 anni di Canosa di Puglia e del direttore di cantiere Rosario C. 68 anni, di Giarre della società S. srl di Roma che si è aggiudicata l’appalto per realizzare la ristrutturazione e il restyling della stazione marittima del Porto di Palermo, nonché il sequestro preventivo di disponibilità finanziarie per un valore complessivo di 80.000 euro, quale profitto dell’ipotizzato reato di estorsione ai titolari delle tre sub-imprese.
LE INDAGINI
Le indagini, condotte dagli specialisti del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Palermo (Gruppo Tutela Spesa Pubblica), traggono origine da una denuncia sporta dall’Autorità di Sistema Portuale del Mare di Sicilia Occidentale, con la quale erano stati segnalati ritardi nell’esecuzione della suddetta commessa pubblica. Nel dettaglio, i citati rallentamenti venivano attribuiti a una conflittualità in essere tra la società aggiudicataria e alcune ditte sub-appaltatrici, causata dal differito o mancato pagamento dei lavori eseguiti. Nel corso delle investigazioni è emerso che il direttore tecnico e il direttore di cantiere dell’impresa aggiudicataria dei lavori avrebbero preteso, dai titolari di tre imprese sub-appaltatrici, un illecito pagamento di somme di denaro “extra”, che arrivava fino al 30% del valore dei lavori affidati, minacciando che, in caso di rifiuto, sarebbe stata preclusa la prosecuzione delle attività. A tali minacce sarebbero poi, in concreto, seguite pesanti ritorsioni, come controlli a sorpresa, nonché il ritardo nel pagamento delle fatture fino ad arrivare alla mancata liquidazione di parte delle stesse. In un caso sarebbe stato accertato che il titolare di una delle imprese vessate, cedendo alle richieste estorsive, avrebbe corrisposto somme per complessivi 80.000 euro, di cui 45.000 in contanti e 35.000 tramite bonifici bancari, utilizzando causali fittizie, su un conto corrente intestato alla madre del direttore di cantiere. Al fine di creare la provvista di denaro per le illecite dazioni, inoltre, gli indagati avrebbero suggerito ai sub-appaltatori di: – utilizzare nei lavori di ristrutturazione prodotti di qualità più scadente rispetto a quelli previsti nel capitolato e riportati nelle fatturazioni, anche a scapito dell’incolumità pubblica; – sovrafatturare le prestazioni svolte nei confronti della ditta appaltatrice.
NOTA
L’odierna attività testimonia la costante attenzione e il perdurante impegno profuso dalla Guardia di Finanza, nell’ambito delle indagini delegate dalla Procura della Repubblica di Palermo, nel contrasto ad ogni forma di illegalità che altera le regole della sana competizione tra imprese, danneggia gli onesti e incide negativamente sulla sicurezza e sulla qualità dei servizi forniti ai cittadini. Si evidenzia che il provvedimento in parola è stato emesso sulla scorta degli elementi probatori acquisiti in fase di indagine preliminare, pertanto, in attesa di giudizio definitivo, sussiste la presunzione di innocenza.
L’OPINIONE
Eloquente ciò che è scritto sopra: “i due direttori tecnici … indagati … per estorsione … avrebbero suggerito ai sub-appaltatori di: – utilizzare nei lavori di ristrutturazione prodotti di qualità più scadente rispetto a quelli previsti nel capitolato e riportati nelle fatturazioni”. Spiegherebbe (a chi ancora può e vuole vedere) perché spesso le costruzioni e infrastrutture del sistema pubblico-politico-professionale-imprenditoriale italiano e specialmente siciliano (rammento il dimenticato cemento depotenziato oppure i meno noti intonaci per interno utilizzati per gli esterni) solitamente durano poco o persino vengono giù (a volte anche con feriti e morti) e si devono rifare, guarda caso, magari in urgenza, così, risaputamente, potendosi riproporre altra (annosamente consolidatasi culturalmente) prassi corruttiva e concussiva.
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