Un carabiniere L. P. in servizio presso la Compagnia di Mazara del Vallo (Tp) e un consigliere comunale G. R. dello stesso luogo, sono stati raggiunti da un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari in un’indagine coordinata dal Procuratore di Palermo Maurizio De Lucia e dall’Aggiunto Paolo Guido, poiché avrebbero tentato i vendere a Fabrizio Corona dei documenti segreti sulla cattura di Matteo Messina Denaro, il capomafia arrestato lo scorso gennaio. L’accusa per il carabiniere è di accesso abusivo al sistema informatico e violazione del segreto d’ufficio, mentre per il consigliere comunale è di ricettazione.
LE INDAGINI
Secondo quanto è stato ricostruito dai Pm, il carabiniere di Mazara si sarebbe introdotto illegalmente nel sistema informativo dell’Arma per estrarre copia di 786 file riservati relativi alle indagini sulla cattura di Messina Denaro e poi li avrebbe consegnati al consigliere comunale del medesimo paese che ha contattato il noto fotografo e ha cercato di vendergli i documenti. Poi, su indicazione dello stesso Corona, si sarebbe rivolto a M.P. direttore di un quotidiano online M. proponendogli di acquistare il materiale. L’inchiesta era nata da intercettazioni disposte a carico di Fabrizio Corona e in una di queste del 2 maggio, Corona fece riferimento a uno “scoop pazzesco” di cui era in possesso un politico (che si scoprirà dopo essere il consigliere comunale di Mazara) grazie ad un carabiniere che aveva quel materiale e voleva venderselo. Anche nei giorni successivi Corona avrebbe continuato ad avere l’intenzione di rivendere il materiale che il consigliere gli avrebbe procurato. Il 25 maggio, il carabiniere, il consigliere comunale e il fotografo si sono incontrati. In quella occasione Corona si sarebbe fatto una copia dei file a lui mostrati e offerti dal politico. Visionatili e resosi conto della delicatezza del materiale si è rivolto a un collega che gli ha consigliato di parlare con la Polizia. A quel punto sarebbe andato alla Mobile di Palermo e raccontato tutta la vicenda. Gli inquirenti hanno iniziato ad indagare e scoperto che i documenti copiati dal giornalista erano stati rubati e che l’autore del furto era il militare dell’Arma, come pure che quest’ultimo e il consigliere comunale si frequentassero.
NOTA
È bene sottolineare che, secondo il consolidato principio della presunzione di innocenza vigente nel nostro ordinamento, la colpevolezza delle persone sottoposte ad indagine in relazione alla vicenda in esame sarà definitivamente accertata solo allorquando interverrà nei loro confronti una sentenza irrevocabile di condanna.
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