Il 25 aprile 1945 fu il giorno in cui il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI) il cui comando aveva sede a Milano, proclamò l’insurrezione generale in tutti i territori ancora occupati dai nazifascisti, indicando a tutte le forze partigiane attive nel Nord Italia facenti parte del Corpo Volontari della Libertà di attaccare i presidi fascisti e tedeschi imponendo la resa. Parallelamente il CLNAI emanò in prima persona dei decreti legislativi, assumendo il potere «in nome del popolo italiano e quale delegato del Governo Italiano», stabilendo tra le altre cose la condanna a morte per tutti i gerarchi fascisti, incluso Benito Mussolini, che sarebbe stato raggiunto e fucilato tre giorni dopo.
Su proposta del presidente del Consiglio Alcide De Gasperi, il principe Umberto II, allora luogotenente del Regno d’Italia, il 22 aprile 1946 emanò un decreto legislativo luogotenenziale “Disposizioni in materia di ricorrenze festive”) che recitava: «A celebrazione della totale liberazione del territorio italiano, il 25 aprile 1946 è dichiarato festa nazionale». Il 27 maggio 1949, con la legge 260 (“Disposizioni in materia di ricorrenze festive”), essa è stata istituzionalizzata stabilmente quale festa nazionale.
La propaganda politica con rispettive pletore di codazzi, nel tempo ha trasformato questa ricorrenza, come anche altre, in una forma di “distrazione di massa”, con caccia ai fantasmi del passato o riesumazione di simboli nostalgici, così tutti potendo dissimulare che nel frattempo la Repubblica e la Democrazia si sono trasformate in una sorta di “ingentilita tirannia forzosa” in cui le leggi, le sentenze e le regolamentazioni (quelle promulgate, decise e imposte dal medesimo sistema e di tutta evidenza promulgate e deliberate solo per esso e attinenti “seguiti”, da Parlamenti, Giurisprudenza e Burocrazia) sono divenute una specie di “lupara” per vessare forzosamente i cittadini comuni ed estorcere fiscalmente i contribuenti noti, al fine di mantenere (se non anche stramantenere), le singole corti, cerchie, apparati e innumerevoli schiere di reggicoda, quindi assoggettare attraverso le norme e sentenze, la popolazione produttiva, lavoratrice, proprietaria e operosa.
Il sistema contestualmente ha invalidato ogni tentativo di civile reazione, incrementando il clientelismo, nepotismo e favoritismo, rendendo sostanzialmente lecito e pressoché inevitabile, il voto di scambio sociale e lavorativo, favorendo la proliferazione di variegate realtà sociali e pubbliche, oppure di altri organi cosiddetti istituzionali, o anche di ulteriori partecipate (risaputamente quanto edulcorato, tutte mascherate propaggini politiche, che galleggiano unicamente con soldi pubblici, ovverosia le tasse e imposte dei contribuenti noti, oppure con il debito pubblico). Il sistema ha anche inondato la società di panem et circeses, foraggiato con soldi pubblici e gestito dai rispettivi codazzi dei politici, così anestetizzando, ma anche definitivamente isolando, eventuali altri sensi di civile avversità cittadina rimasta. Un funzionante sistema che da anni tiene al guinzaglio di Stato e Regioni eserciti di asserviti, specialmente al Sud, i cui bacini producono voti sicuri (voto di scambio legalizzato), pertanto acquisendo potere assoluto e mai come negli ultimi anni, tutto regolare per legge.
Allo stesso tempo l’annoso sistema ha liquefatto i controlli, così consentendo l’anarchica, l’arroganza e sprezzo più totale negli Enti locali, provinciali e regionali e rispettive partecipate e ramificazioni, giustificando il tutto con la trita montatura del democratico “decentramento”(prossimamente “autonomia differenziata”). Il sistema ha pure rimosso ogni strumento, non costoso e snello, che consentisse al cittadino, quello ancora sano di coscienza, di partecipare efficacemente alla gestione quanto meno del proprio Comune, con la conseguenza che, in assenza di incisive verifiche e partecipazione della cittadinanza, il sistema pubblico-politico, specialmente comunale, è stato letteralmente assaltato e invaso da orde di “avventurieri” e “faccendieri” (senza distinzione di età, estrazione e genere), sicché, il cittadino consapevole e civile si è sempre più nel tempo ammutolito e diradato. Un vuoto democratico riempito da un dilagante opportunismo e servilismo senza scrupoli, nonché da interiormente senza etica, deontologia, arraffoni, corrotti, concussori e “altro” (al solito senza distinzione di genere, estrazione ed età).
Il sistema ha dimostrato negli anni di essere “scaltro”, un termine che in gergo siciliano è implicitamente tra criminale e imputridito, anche quando riferito, anzi maggiormente, a titolati, blasonati e parolieri.
Rispetto infatti al passato, in cui si usavano le armi per piegare la volontà della gente, il sistema si è furbamente giovato del Diritto oppressivo, prepotente e sdegnoso per assoggettare ai propri interessi i cittadini.
Così, la devianza e la balla sono straripate, ma in modo lecito, in tutti i settori della Pubblica Amministrazione, della Politica, Giustizia, Burocrazia, Ordini professionali, Categorie e cosiddetta Società civile, quindi nello Stato, Regioni (soprattutto), Città metropolitane (o Province) e Comuni (specialmente). E non si vede più come poterne uscire, in quanto è tutto regolare, tutto per legge, in definitiva: garantito da norme premeditate.
Insomma, avremmo la necessità di un neo 25 aprile di liberazione che ci svincoli da questo dispotico sistema.
Ci potrebbe essere una reale “arma” (ma non nel breve) a difesa dei cittadini, dall’ipocrita e magniloquente sistema, quale quella (almeno in una Nazione civile ed avanzata quale dovrebbe essere l’italia) della conoscenza dei “Diritti e Doveri”, ovverosia iniziare, ma da subito, introducendo nella scuola, in maniera proporzionale e sin dalle prime classi, la conoscenza, insegnata da laureati in giurisprudenza, delle regole civili (e anche penali, amministrative, tributarie) che ordinano la nostra complessa società moderna, affinché queste non divengano unicamente le costituzionali “armi” del traviato e trasversale sistema pubblico-politico. In una società del 21° secolo che voglia essere moderna, civile, democratica, occidentale e, come la nostra, repubblicana, solo la diffusa conoscenza concreta può aiutare a non deviare, pertanto la giurisprudenza, la scienza in tutte le sue sfaccettature specialmente quella dell’essere umano, quindi l’economia e il mondo che ci circonda in tutti i suoi aspetti.
Basta quindi con la decennale manierata autoreferenza e autocrazia, occorre urgente un nuovo “25 aprile”, anche perché non appare più visibile dove stiamo andando e non c’è peggio di incamminarsi su sentieri sconosciuti per frotte di sprovveduti, quali siamo divenuti noi cittadini (“sonnambuli, ciechi e senza meta”) conseguentemente al nostro annoso quanto “scivoloso” sistema pubblico-politico.