A partire dalle prime ore della mattinata del 4 giugno ultimo scorso, la Polizia di Stato di Ragusa, ha eseguito alcuni fermi di indiziato di delitto emessi dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania per “tentato omicidio aggravato e associazione mafiosa”. Sono stati per ora raggiunti dai provvedimenti C. B. di anni 51, G. R. di anni 62, P. A. di anni 48, tutti con pregiudizi penali. I provvedimenti sono stati adottati in quanto agli indagati, sono stati contestati, in concorso tra loro, i reati di tentato omicidio ai danni dell’ex collaboratore di giustizia DI MARTINO Roberto e di associazione a delinquere di stampo mafioso: volevano eliminare il collaboratore di Giustizia.
LE INDAGINI
In particolare, le serrate ed immediate investigazioni di Polizia avviate subito dopo il tentato omicidio – avvenuto il 25 aprile scorso a Vittoria – coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania e durate per oltre un mese, hanno permesso di ipotizzare nei confronti delle persone fermate la responsabilità nella commissione dell’efferato agguato, avvenuto con armi da fuoco, nonché la sussistenza di una pericolosa organizzazione criminale armata di stampo mafioso, riconducibile alla “stidda vittoriese”.
Volevano eliminare il collaboratore di Giustizia
L’attività di indagine corroborata da attività tecnica di intercettazione e tradizionali servizi di polizia giudiziaria ha permesso di far ritenere il pericolo che all’interno dell’associazione criminale vi fosse l’obiettivo dell’eliminazione fisica di un elenco di persone che hanno collaborato con la Giustizia e che sono in atto presenti a Vittoria, (tra i quali proprio DI MARTINO Roberto); e ciò – nell’ipotesi investigativa – con scopi di vendetta e al fine di consolidare il controllo esclusivo di tutti gli affari illeciti di interesse dell’organizzazione criminale su Vittoria e sull’intera provincia di Ragusa.
Volevano eliminare il collaboratore di Giustizia
L’attività di indagine posta a fondamento delle misure adottate – basata su attività tecniche e riscontri – ha permesso altresì di far luce sulla disponibilità di un numero considerevole di armi, anche da guerra, e sul possibile utilizzo da parte degli associati alla consorteria mafiosa delle stesse, per portare a termine il disegno criminoso dell’organizzazione e per acquisire il controllo di attività economiche cittadine attraverso attività estorsive poste in essere ai danni di numerosi imprenditori e commercianti. A riscontro di ciò all’atto della cattura, C. B. è stato trovato in possesso di un revolver 357 magnum con matricola abrasa e carica del relativo munizionamento.
IL PROVVEDIMENTO
Espletate le formalità di rito, i fermati sono stati associati presso la Casa Circondariale di Catania – Bicocca e dopo la celebrazione dell’udienza è intervenuto provvedimento di convalida da parte del GIP sui fermi disposti ed eseguiti.
L’OPINIONE
A volte, negli ultimi due decenni, dei trasversali parlamentari italiani e specialmente di origine siciliana, con a seguito i rispettivi “megafoni” umani, hanno detto che “la mafia è in regressione”. La realtà appare diversa.
I mafiosi, o coloro che hanno interiormente una mentalità mafiosa, hanno saputo cogliere la massiccia annosa depenalizzazione degli ultimi anni, sicché molti “segnali”, sociali e pubblico-politici, ormai non si considerano più, tanto che si arriva persino a dire (l’Istat) che la corruzione è in calo (ci sarebbe allora da chiedersi: come mai in una recente relazione la Corte dei conti abbia citato sette volte la parola “corruzione”), come se chi la persegue (notoriamente come fosse un culto) lo comunica all’Istituto quando non la “professa” (la vacuità e la retorica italiana, specialmente siciliana, è giunta ormai a livelli sociopatici: il sociopatico è una persona che soffre di un disturbo antisociale di personalità, non prova empatia, vergogna, senso di colpa o rimorso per le proprie azioni, vive in totale disprezzo di regole e comportamenti sociali).
Basterebbe d’altronde leggersi anche i soli rapporti, pure recentissimi, delle Forze dell’Ordine, per comprendere che la mafia, per un verso, ha smesso di essere quella sparatutto dei “corleonesi” degli anni ’80 e ’90, così da immergersi nuovamente nella politica e società, ma pure istituzioni attraverso “mele marce”, nonché nella grande finanza (stante pure gli enormi guadagni da riciclare realizzati con lo spaccio di droga e prostituzione foraggiati da clienti-cittadini in continuo crescendo) e tecnologia soprattutto informatica, puntando notoriamente su professionisti nonché rappresentanti di politica, categoria e associazioni, prestanome (senza distinzione di età e genere). Inoltre questa complessiva situazione, parallelamente e in modo palese, vede anche aumentare una cosiddetta delinquenza comune e anche minorile, la quale potrebbe trasformarsi in manovalanza oltremodo criminale.
Oggi poi non si può parlare solo di mafia intesa in senso siciliano. Le mafie sono in modo autoctono dislocate in particolare nelle regioni del Sud, come pure in singole località (ad esempio, in Sicilia cosa nostra, ma palermitana, o trapanese, oppure catanese, poi la Stidda agrigentina e ragusana, la mafia tortoriciana o barcellonese) cui diverse si sono risaputamente radicate anche nel centro e nord Italia, trovando evidentemente una parte di società, imprenditoria e politica, disponibile e gnorri, in quanto, mentre da un lato facevano e tutt’oggi, i sermoni al Meridione (soprattutto a noi siciliani) per un altro canto si sono dimostrati interessati ai tantissimi soldi che le mafie hanno nel proprio portafoglio, facendole così infiltrare se non anche attecchire nei loro territori.
Come anche le mafie non sono solo native, notoriamente ci sono ormai anche le mafie d’importazione, a cominciare da quelle nordafricane che gestiscono il traffico umano di migranti, a quelle slave dedite al traffico di droga e prostituzione, e altre. Se non ci fossero le Forze dell’ordine, sempre vigili, alcune più impegnate a seconda dei distretti, noi cittadini negli ultimi tempi (noi cittadini si, in lampante regressione: “sonnambuli, ciechi e senza meta”) ci ritroveremmo in breve come certe Nazioni del centro America.
Seppure, va aggiunto, quanto meno in parte a discolpa di noi cittadini che, mentre si proclama che in questa Nazione si ha la libertà di parola (in dialetto siciliano: scruscio), per legge, la trasversale (degenerata) politica italiana ci ha resi a noi cittadini, forzosamente impotenti innanzi alla devianza pubblico-politica, persino locale, in questo modo facendoci perdere dignità democratica (implicitamente, di contro, così favorendo i propri irreggimentati codazzi: “campieri, gabellotti, massari” e altro, tra cui, guarda caso, l’infiltrazione corruttiva e mafiosa negli Enti locali) con la conseguenza che si sta diventando, forse lo siamo già divenuti i cittadini, come dei frustrati, assuefatti, distanti, prostrati, divisi, opportunisti ed egocentrici per sopravvivere, passando sopra il cosiddetto prossimo ed ogni cosa, nonché pressoché incapaci più di volere vedere e capire oltre il “palcoscenico” ipocrita e magniloquente che ci si mostra quotidianamente.